FOCUS Ex Ilva, Urso: Negoziati con tre player stranieri. Sindacati: Ci ha traditi, intervenga Meloni

di Federico Sorrentino



Il futuro dell’ex Ilva di Taranto è sempre più incerto. Il giorno dopo la rottura del tavolo tra governo e sindacati, andato in scena nella Sala Monumentale della Presidenza del Consiglio a Roma, continua lo scontro totale tra le parti. Da un lato il governo, col piano di decarbonizzazione in 4 anni “con mantenimento della continuità produttiva” per la produzione presentato ieri dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, e dall’altro i sindacati, “stupefatti” per essersi trovati davanti “ad un piano di morte, di fatto di chiusura dell’azienda”.



Urso scarica la palla sui sindacati, “critici perché abbiamo affermato che vogliamo una veloce decarbonizzazione, così come ci è stata chiesta dagli enti locali”, e il tutto va fatto “tenendo conto delle condizioni real, ovvero che c’è un solo altoforno in funzione, perché il secondo che avevamo riattivato è sotto sequestro probatorio della magistratura”. Ai sindacati, assicura, “è stato illustrato un piano in piena trasparenza e responsabilità”, che porterà nell’arco “di pochi mesi alla riattivazione di un secondo altoforno, alla manutenzione dell’unico che è in funzione e a tutti i lavori di manutenzione necessari per mettere in sicurezza gli impianti e soprattutto tutela dei lavoratori”.



Sulla vicenda, secondo il titolare del Mimit, “grava la pesante eredità di Mittal, certificata in oltre 4 miliardi di danni”. I negoziati intanto proseguono, così sostiene Urso che proprio ieri ha informato i sindacati della presenza di tre player stranieri, e degli interventi che l’azienda farà in questa fase transitoria fino a febbraio. Si tratta del fondo americano Bedrock, del gruppo Flacks e di Baku Steel. I sindacati però non ci stanno e respingono le accuse al mittente. Anche perché, secondo il piano presentato dall’esecutivo, la cassa integrazione dal 15 novembre aumenterà da 4.500 a 5.700 unità. Dal 1 gennaio, con la fermata delle batterie di cokefazione, si arriverà a 6000 unità. Davvero troppo per i sindacati.



“Basta frottole – sbotta Rocco Palombella, segretario generale Uilm – il governo ha presentato un piano di morte”. Sull’ex Ilva ci sarà un problema “occupazionale e ambientale”, “se lo stabilimento fosse rappresentato dal documento presentato dal governo sarebbe la fine: ora 6mila in Cig e tra poco i sigilli”, “Urso deve assumersi la responsabilità di di ciò che ha prefigurato”. Per Palombella è impossibile portare avanti un piano di decarbonizzazione con una Cig “che andrebbe oltre il 60% dei lavoratori”, “peggio di Mittal non si poteva fare e invece rischiamo di farlo”. Da qui la richiesta al governo di essere richiamati “con un piano industriale credibile”.



Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, chiede l’intervento della Meloni: “Il ministro Urso ha sostenuto un piano completamente diverso rispetto a quello concordato, è stato un vero e proprio tradimento da parte sua. Chiediamo alla presidente del Consiglio Meloni di assumere il tavolo Ilva, superando la condizione di ieri. E’ una questione strategica”. La battaglia dei sindacati non terminerà, assicura, e continuerà “come fatto per Mittal, stesso trattamento”, per questo il governo deve “riconvocarci. Noi al tavolo ci torniamo anche domani ma bisogna ripartire su quanto avevamo concordato, sulla base di quel percorso condiviso insieme”. Secondo Ferdinando Uliano segretario generale Fim Cisl, il piano presentato dal governo “non consente di uscire dalle secche che durano da parecchi anni”, il governo tramite le Cig “vuole fare cassa sulle spalle dei lavoratori”. La preoccupazione del sindacalista è che ci sia un disimpegno volto “ad un ridimensionamento per arrivare ad una chiusura”, quando invece servirebbe “un ruolo da protagonista dello Stato, per prendersi in carico la ripartenza degli impianti, pena il ridimensionamento totale di un asset strategico”.



In Parlamento le opposizioni insorgono. Per il vicepresidente M5S Mario Turco, coordinatore del Comitato Economia, Lavoro e Imprese, “Urso è un tornado, dove passa lascia macerie. La prova più evidente è la gestione disastrosa del dossier ex Ilva, simbolo di incompetenza e fallimento. In tre anni sono stati sprecati oltre 2 miliardi di euro di denaro pubblico, mentre a Taranto si contano 6.000 lavoratori in Cig e nessuna prospettiva di rilancio del territorio”. La gestione da parte del governo Meloni dell’ex Ilva “è inaccettabile – aggiunge il senatore dell’Alleanza Verdi e Sinistra, Tino Magni – una confusione inaccettabile tra aumento esponenziale della Cig, gare andate a vuoto, compratori fantasma, tavoli di crisi convocati e sconvocati ma, soprattutto, poche risorse per il rilancio”.