Contro il caro-mangimi la risposta dalle sanse di olive

Secondo una ricerca dell'Università di Firenze, questa nuova strategia per le bovine da latte può essere uno strumento per sostituire una parte del mangime convenzionale a un costo inferiore

Ricerche che tornano d’attualità. Un anno fa si concludeva un lavoro dell’Università di Firenze che testava l’utilizzo delle sanse di olive come mangime animale per migliorare la sostenibilità della filiera del latte: l’idea era sfruttare la presenza di polifenoli nei residui della spremitura per moderare le escrezioni azotate e le emissioni di metano degli allevamenti. “Oggi, con i prezzi dei mangimi che hanno subito un rincaro elevatissimo” – spiega Arianna Buccioni, professoressa del dipartimento di agraria dell’ateneo – “l’utilizzo di sottoprodotti come le sanse denocciolate può giocare un ruolo anche economico”.
L’inclusione delle sanse nella razione giornaliera dell’animale, in pratica, permette di sostituire una parte del mangime convenzionale con uno scarto di una filiera dell’agroindustria. Combinando le diverse materie prime, si ottiene quindi un prodotto a costo inferiore rispetto agli alimenti tradizionali che – complice la guerra in Ucraina e rincari energetici – hanno subito importanti oscillazioni dei prezzi.
Il tutto con benefici ambientali. I polifenoli presenti nella pratica studiata dall’Università di Firenze permettono, complessando le proteine, di equilibrare nella razione alimentare il rapporto energia/proteina. Così facendo si limitano le escrezioni azotate e diminuisce l’impatto ambientale delle produzioni zootecniche.
La messa a punto di una nuova strategia alimentare che preveda l’introduzione delle sanse di oliva nelle diete per le bovine da latte – spiega poi la ricerca – può essere inoltre uno strumento per la modulazione del metabolismo lipidico ruminale per aumentare la quota di acidi grassi funzionali che vengono trasferiti al latte o dei loro precursori. In altre parole: si può ottenere un prodotto arricchito in alcune componenti funzionali come l’acido oleico e l’acido linoleico coniugato, interessanti per le attività cardiocircolatorie e anti-carcinogeniche, e impiegarlo per la realizzazione di un nuovo prodotto lattiero-caseario ad elevato valore nutrizionale.
Certo, non mancano gli ostacoli per trasferire questo know how nella pratica. Primo fra tutti, la stagionalità della produzione delle sanse che, seguendo il ciclo della spremitura, hanno un picco concentrato intorno al mese di novembre: “Dovremo quindi capire come poterle conservare nel modo migliore”, afferma Arianna Buccioni. Oltre a dare la possibilità per i produttori di dotarsi di strumenti per conservare e miscelare i nuovi alimenti e allo stesso tempo sensibilizzare gli allevatori sull’importanza di queste pratiche.
La leva del Pnrr potrebbe accelerare il trasferimento tecnologico”, conclude Arianna Buccioni, e fare così in modo che ci sia un ritorno anche nell’economia degli allevatori. Ma non sarà veloce. “Vista l’urgenza di questo periodo di difficoltà sui prezzi delle materie prime sarebbe utile accelerare gli investimenti su questo tema”.