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Pil, Ue taglia le stime di crescita per l’Italia: pesano dazi e calo della produttività

L’Italia cresce meno del previsto e il prossimo anno sarà, insieme al Belgio, all’ultima posizione tra i Ventisette Paesi dell’Unione europea. Nelle sue previsioni economiche di primavera, pubblicate oggi, la Commissione corregge al ribasso le sue precedenti stime per il Prodotto interno lordo italiano: se per il 2024 lascia il +0,7% già calcolato in autunno, per il 2025 e il 2026 toglie lo 0,3% e, dall’1% e dall’1,2% ipotizzati a novembre, lima l’aumento al +0,7% per quest’anno e, per il prossimo, al +0,9% che rappresenta “la crescita più debole” nell’Ue.

La fotografia per l’Italia include, poi, il peso di un debito pubblico che – dopo un calo progressivo dal 145,8% in rapporto al Pil nel 2021 al 138,3% del 2022 fino al 134,6% del 2023 – aumenta dal 135,3% del 2024 al 136,7% di quest’anno fino al 138,2% del 2026 e arriva a sfiorare il tasso, in diminuzione costante, della Grecia (stimato al 140,6% l’anno prossimo). Un problema già noto per il Paese ma che si è accentuato, secondo Bruxelles, con l’effetto del Superbonus dal momento che, nel 2024, il debito è aumentato “principalmente a causa di un aggiustamento stock-flow che ha incrementato il debito, correlato all’impatto ritardato sull’indebitamento di cassa dei crediti d’imposta per le ristrutturazioni edilizie“.

Note meno dolenti per il BelPaese arrivano sul fronte del deficit e dell’inflazione, il cui tasso annuo nel 2025 sarà all’1,8% e per il 2026 si prevede che sarà all’1,5%”.

Il deficit, invece, è stato pari “al 3,4% del Pil nel 2024, grazie all’eliminazione graduale di consistenti crediti d’imposta per le ristrutturazioni edilizie e alle misure di sostegno legate alla crisi energetica, unitamente a un gettito sostenuto, in particolare dalle imposte sul reddito delle persone fisiche e sulle attività finanziarie“, spiegano le previsioni. Si prevede che nel 2025 scenderà al 3,3% del Pil, “grazie a un miglioramento marginale dell’avanzo primario e a una spesa per interessi invariata in percentuale del Pil“, e l’anno prossimo al 2,9% del Pil, tornando a rispettare la soglia del 3% prevista dalle regole di bilancio comuni. “Undici Stati membri hanno segnalato un deficit superiore al 3% del Pil nel 2024. Si tratta di: Belgio, Spagna, Francia, Italia, Malta, Austria, Slovacchia, Finlandia, Ungheria, Polonia e Romania. Questo numero è destinato a rimanere stabile nel 2025 prima di scendere a nove Stati membri nel 2026”, ha spiegato il commissario europeo all’Economia, Valdis Dombrovskis, in conferenza stampa.

Più in generale, la Commissione rileva che “tra i maggiori Stati membri dell’Ue nel 2024 si sono registrati ulteriori cali della produttività del lavoro in Germania e Italia” e che l’Italia è tra i Paesi “fortemente esposti” ai dazi annunciati dagli Usa e il loro “impatto negativo si manifesterà interamente nel 2026”. Più in generale, Dombrovskis ha osservato che, con i dazi, entro la fine del 2026, “il Pil globale sarebbe inferiore dello 0,4% rispetto al livello di riferimento e il commercio mondiale diminuirebbe del 2,9%“. Ma “mentre la crescita cumulativa nel 2025 e nel 2026 negli Stati Uniti sarebbe inferiore di circa 1 punto percentuale rispetto a un livello di riferimento senza dazi, l’Ue subirebbe un impatto significativamente più lieve, di circa 0,2 punti percentuali” anche se “tali numeri non includono gli effetti indiretti sulla fiducia e sul sentiment degli investitori, nonché le ricadute di potenziali turbolenze e volatilità del mercato“.

Per Dombrovskis, nonostante “l’aumento dell’incertezza globale e le tensioni commerciali” che “pesano sulla crescita dell’Ue“, l’economia dell’Unione resta “solida“, con una crescita prevista “moderata quest’anno” all’1,1% e “un’accelerazione l’anno prossimo” all’1,5% (la crescita dell’area euro sarà allo 0,9% quest’anno e all’1,4% il prossimo). Ma “i rischi per le prospettive rimangono inclinati verso il basso, in particolare a causa delle tensioni commerciali” e “pertanto l’Ue deve adottare misure decisive per rafforzare la nostra competitività“.

Nello specifico, a sostegno della crescita andrebbero un’attenuazione delle tensioni commerciali tra Ue e Usa; una più rapida espansione degli scambi commerciali dell’Ue, anche attraverso nuovi accordi di libero scambio; l’aumento della spesa per la difesa – che secondo le previsioni passerà dall’1,4% del Pil nel 2024 all’1,6% nel 2025 e nel 2026 – e l’attuazione di riforme volte a stimolare la competitività, come l’approfondimento del mercato unico, l’avanzamento dell’Unione del risparmio e degli investimenti e la semplificazione.

dario.borriello

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