Nell’anno della crisi energetica Pil Italia meglio di Usa, Cina e Germania

Se l'Ista confermerà le sue stime per il nostro Paese il 2022 andrà agli archivi con una crescita oltre le previsioni

L’Italia, se l’Istat confermerà la sua stima nelle prossime settimane, chiuderà il 2022 con una crescita del Pil nettamente superiore a quella tedesca, a quella degli Usa e addirittura della Cina. Il dato sull’economia conferma che ha gli Usa hanno lo scorso anno in rialzo del 2,1%, registrando un inaspettato allungo nel quarto trimestre con un +2,9% contro previsioni di un +2,6%. Wall Street ha aperto così in rialzo perché forse è scongiurato lo spettro recessione, in seguito a una forte stretta sul costo del denaro impressa dalla Federal Reserve per stendere l’inflazione. Oppure se ci sarà, la contrazione non dovrebbe essere pesante. Anche i listini europei hanno accelerato dopo le 15.30. E Piazza Affari, con la seduta odierna (1,27%), ha messo a segno un balzo del 24% dal 23 settembre, il venerdì prima delle elezioni politiche.
Tornando all’economia reale, come sintetizzava la Cgia di Mestre poco prima di Natale, il 2022 è stato da record per l’Italia. “Nonostante la crescita dell’inflazione, il caro energia e il boom dei prezzi delle materie prime abbiano creato non pochi problemi a famiglie e imprese, la crescita economica italiana è stata doppia rispetto a quella registrata dai nostri principali competitors commerciali presenti nell’area dell’euro”. L’Istat meno di un mese fa prospettava una crescita economica per l’anno appena concluso di un +3,9%. Il prodotto interno lordo tedesco è salito invece dell’1,9% nel 2022 rispetto al precedente anno, secondo quanto comunicato recentemente dall’ufficio federale di statistica Destatis, in base al quale “l’economia tedesca è in ripresa nonostante le difficili condizioni di contesto”.
La Germania ha subito oltre alla crisi energetica e all’interruzione delle forniture di gas dalla Russia, anche il semi-lockdown cinese, che per Berlino negli ultimi anni aveva rappresentato lo sbocco principali degli scambi commerciali. Pechino infatti ha chiuso il 2022 con un Pil in crescita del 3%, il dato più basso degli ultimi 40 anni. A differenza dei tedeschi l’Italia invece ha potuto contare su forniture di gas, benché pagate a caro prezzo, provenienti da Algeria o Azerbaigian e di tre rigassificatori già in funzione. Inoltre il nostro Paese non era dipendente principalmente da un unico mercato. Sfruttando invece il cambio favorevole ha incrementato le esportazioni verso Usa e nuovi mercati asiatici, nonostante la chiusura della Russia.
“La crescita del Pil registrata nel 2022 dell’economia italiana (+3,9%) ci restituisce una fotografia di un Paese in grado di rimboccarsi le maniche, nonostante l’aumento dei prezzi dell’energia e la spinta inflazionistica. Le prospettive di crescita per il 2023, però, non sono così rosee: si parla di una frenata al +0,6% rispetto al 2022. E’ necessario agire subito per ribaltare questa prospettiva e preservare la crescita”, sottolineava poi Alessandro Spada, presiedente di Assolombarda. La prospettiva per quest’anno dell’Italia è nettamente ridimensionata, anche se non dovrebbe esserci una recessione. Pochi giorni fa Bankitalia ha addirittura alzato da 0,4% a +0,6% le stime sul Pil tricolore del 2023. “Il 2023 può essere l’anno, soprattutto nella seconda parte, della ripresa dopo la tempesta”, spiegava stamattina Adolfo Urso, ministro delle Imprese del Made in Italy, durante un evento di Assolombarda, dove Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, si è spinto oltre: “Se quest’anno il prezzo medio del gas fosse a 100 euro/Mwh, algebricamente avremmo una crescita all’1%”.
In questo senso appaiono confortanti le prime indicazioni ufficiali che arrivano da questo 2023. A gennaio “il clima di fiducia delle imprese aumenta per il terzo mese consecutivo raggiungendo un livello superiore alla media del periodo gennaio-dicembre 2022. L’aumento dell’indice è trainato dal comparto dei servizi e da quello dell’industria”, rivela l’Istat. Invece “il clima di fiducia dei consumatori torna a diminuire dopo due mesi consecutivi di crescita. Il ripiegamento dell’indice è dovuto soprattutto ad un’evoluzione negativa delle opinioni sulla situazione personale”, conclude l’istituto di statistica. Infatti le aspettative sulla situazione economica generale e quelle sulle disoccupazione salgono.