Greenpeace Italy during the ship tour along the coasts of the Adriatic Sea, documented the state of the beaches and the seabed not far from the Versalis petrochemical plant of ENI near Brindisi, finding large quantities of plastic waste.
La fine di ogni anno porta in sé, quasi in maniera fisiologica, il tempo dei bilanci. Così è anche per l’associazione Greenpeace che, alla vigilia del 2023, rende note “quattro importanti vittorie per il Pianeta ottenute negli ultimi dodici mesi”, delle quali si è fatta – insieme con altri movimenti e organizzazioni ambientaliste – promotrice.
Il primo traguardo raggiunto è datato 6 dicembre, quando i rappresentanti del Parlamento europeo e dei governi nazionali hanno finalizzato la nuova legge che impone alle aziende di controllare che la filiera di produzione – partendo dal singolo appezzamento di terra – non causi deforestazione, pena l’applicazione di multe. In altre parole, per la prima volta al mondo, le aziende che vendono soia, carne bovina, olio di palma, legno, gomma, cacao e caffè, e derivati come cuoio, cioccolato e mobili dovranno dimostrare che la produzione di materie prime e derivati non ha contribuito alla deforestazione.
La seconda vittoria, seppur parziale, è legata alla Coca-Cola. Il colosso – che produce oltre 120 miliardi di bottiglie di plastica all’anno – ha infatti annunciato che renderà riutilizzabile il 25% degli imballaggi per bevande entro il 2030. Greenpeace lo ritiene un “obiettivo ancora troppo basso: è necessario andare oltre e arrivare all’obiettivo del 50% di packaging ricaricabile e riutilizzabile entro il 2030”. E ricorda che la multinazionale da anni si trova al primo posto della classifica stilata dalla coalizione Break Free From Plastic (di cui Greenpeace fa parte), che monitora i rifiuti di plastica che invadono città, coste, mari e ogni angolo del Pianeta.
Il terzo obiettivo raggiunto affonda le proprie radici nel 2015, quando la Commissione per i diritti umani delle Filippine ha avviato un’indagine condotta su 47 società, accusate di provocare cambiamenti climatici catastrofici rei di violare i diritti umani. L’indagine – che ha dimostrato il nesso – è stata avviata su impulso dei sopravvissuti ai violentissimi tifoni che si erano abbattuti sull’arcipelago delle Filippine, i quali avevano presentato, insieme a diversi esponenti della società civile (tra cui, appunto, Greenpeace South Asia), una denuncia alla CHR contro i grandi inquinatori.
Infine, la petizione lanciata da Greenpeace e altre realtà ambientaliste per vietare le pubblicità delle aziende dell’industria fossile ha registrato, in un anno, l’adesione di 353.103 firme in tutta Europa. Non è stato raggiunto il milione di firme, ma le 54.369 firme raccolte in Italia dimostrano invece che il Paese è pronto per un divieto delle pubblicità inquinanti, cosiddette ‘finte green’.
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