La memoria dei delfini può aiutarci a capire i nostri ricordi

Comprendere meglio l’evoluzione dei nostri ricordi grazie ai delfini. È questo il cuore di uno studio di psciologia comparata pubblicato sulla prestigiosa rivista Current Biology. La ricerca, dal titolo ‘Episodic-like memory in common bottlenose dolphins (Tursiops truncatus)’ è stata condotta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge, in collaborazione con alcuni etologi marini del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università degli Studi di Torino e del Parco Zoomarine di Roma, che ha scoperto che i delfini appartenenti alla specie Tursiops truncatus sono capaci, senza nessun bisogno di addestramento specifico, di ricordare informazioni su ‘dove’ e su ‘chi’ ha dato loro un oggetto. Questi risultati suggeriscono che i delfini, in modo simile agli umani, hanno una ‘memoria episodica’ ovvero una memoria che contiene informazioni datate temporalmente e spazialmente.

Considerate le complesse abilità cognitive, sospettavamo che i delfini fossero capaci di ricordare eventi nel passato ma non eravamo a conoscenza del tipo memoria utilizzata”, spiega James R. Davies, ricercatore presso il Comparative Cognition Lab dell’Università di Cambridge. Questo studio dimostra che i delfini sono capaci di ricordare informazioni che non sapevano essere cruciali. “Nelle fasi iniziali della ricerca, abbiamo addestrato 8 delfini a prendere e successivamente riportare una boa in una specifica postazione della loro vasca”, aggiunge Elias Garcia-Pelegrin.

Successivamente è stata verificata la loro capacità di richiamare in memoria informazioni accessorie acquisite nella fase di addestramento, circa il ‘dove’ (la posizione della boa) e il ‘chi’ (lo sperimentatore che rilascia la boa in acqua). “Nel test di memoria – spiega Luigi Baciadonna, ricercatore UniTo e coautore dello studio che ha condotto i test sui delfini – il ricercatore richiede nuovamente al delfino di riportare l’oggetto, ma in questa fase l’oggetto non è più nella posizione dove era stato rilasciato. In questa situazione, l’unica possibilità da parte del delfino per assolvere il compito affidato dal ricercatore è quella di ricordare il precedente episodio e in particolare dove fosse l’oggetto e chi fosse lo sperimentatore che lo aveva lasciato, cioè informazioni accessorie memorizzate in modo automatico”.

Livio Favaro, coautore e ricercatore in Biologia Marina presso l’Università degli Studi di Torino, spiega che i risultati sono chiari: “Tutti i delfini hanno superato il test di memoria del ‘dove’, e sette delfini su otto hanno superato il test di memoria del ‘chi’. L’aspetto interessante – continua Favaro – è che le informazioni richiamate in memoria, essenziali per superare le prove, erano secondarie, non essenziali per il recupero dell’oggetto nella prova antecedente il test. Tutto questo suggerisce una memoria episodica in questi mammiferi marini“. “La complessità socio-ecologica dei delfini – aggiunge Nicola S. Clayton, coautrice e responsabile del Comparative Cognition Lab dell’Università di Cambridge – ha plausibilmente favorito l’evoluzione di complesse abilità cognitive come quella riportata nello studio”.

Per gli autori le prossime ricerche chiariranno quanto la complessità dei ricordi dei delfini sia paragonabile a quella degli esseri umani, con la prospettiva di definire ulteriori aspetti sull’evoluzione della nostra memoria.

Giulia Proietto Billorello

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