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L’accordo c’è, ma quali sono i termini? I presidenti di Commissione europea, Ursula von der Leyen, e Stati Uniti, Donald Trump, domenica hanno annunciato l’intesa sui Dazi, con tanto di sorrisi e pollice alzato in foto. Ma i portali web dell’esecutivo Ue e della Casa Bianca la dettagliano in modo diverso. Le principali discrepanze emergono su digitale, agroalimentare, acciaio, applicazione del dazio del 15% e sugli acquisti di armi. Intanto l’Europa mette le mani avanti: “La dichiarazione congiunta in sé non è un documento giuridicamente vincolante, ma piuttosto una tabella di marcia”, ha dichiarato il portavoce della Commissione europea per il Commercio, Olof Gill, nel briefing con la stampa. “E’ un impegno politico – ha aggiunto -, una serie di impegni politici. E da questo, possiamo generare la stabilità, la prevedibilità”.
Sul digitale, Washington precisa che “gli Stati Uniti e l’Unione europea intendono affrontare gli ostacoli ingiustificati al commercio digitale” e che, a tale riguardo, “l’Unione europea conferma che non adotterà né manterrà tariffe di utilizzo della rete”. Inoltre, “gli Stati Uniti e l’Unione europea manterranno zero Dazi doganali sulle trasmissioni elettroniche”. Un impegno che non viene specificato da Bruxelles nella sua nota, anche se nel briefing con la stampa il portavoce al Commercio, Olof Gill, chiarisce: “Non cambiamo le nostre regole. Non tocchiamo il nostro diritto di regolamentare autonomamente lo spazio digitale. La dichiarazione della Casa Bianca afferma che abbiamo confermato che non adotteremo né manterremo tariffe di utilizzo della rete e che manterremo zero Dazi doganali sulle trasmissioni elettroniche. È corretto. Ma ciò non interferisce con le nostre regole o il nostro spazio normativo”.
Differenze emergono anche nel capitolo dell’agroalimentare. Qui, la Casa Bianca scrive che “gli Stati Uniti e l’Unione europea intendono collaborare per affrontare le barriere non tariffarie che incidono sul commercio di prodotti alimentari e agricoli, inclusa la semplificazione dei requisiti per i certificati sanitari per la carne suina e i prodotti lattiero-caseari statunitensi”. Bruxelles, invece, parla di “ridurre le barriere non tariffarie, anche attraverso la cooperazione sugli standard automobilistici e sulle misure SPS (sanitarie e fitosanitarie), e facilitando il riconoscimento reciproco delle valutazioni di conformità in altri settori industriali”. Anche qui, Gill puntualizza che l’Ue potrà “semplificare alcune aree” e che “nei prossimi giorni” si farà chiarezza su questo punto, mentre vanno avanti le discussioni per finalizzare la dichiarazione congiunta Ue-Usa. Ma, “per essere chiari: semplificare i requisiti per i certificati, che è uno degli argomenti di cui abbiamo discusso, significa essenzialmente cambiare i tipi di moduli utilizzati. Quindi non stiamo cambiando le nostre normative. Non stiamo cambiando le nostre regole. Non stiamo cambiando i sistemi che abbiamo costruito nel corso di molti decenni, di cui i nostri cittadini si fidano, e che non farebbero parte di questo accordo con gli Stati Uniti”, ribadisce.
Un altro capitolo ancora nell’ombra è quello dell’acciaio. Washington non parla di sistema di quote e spiega che “l’Ue continuerà a pagare il 50%” per le sue esportazioni negli States e che “le parti discuteranno sulla sicurezza delle catene di approvvigionamento per questi prodotti”. Per la Casa Bianca, “questo nuovo regime tariffario genererà decine di miliardi di dollari di entrate all’anno e contribuirà a colmare il persistente squilibrio commerciale tra Stati Uniti ed Europa, incoraggiando l’approvvigionamento locale, riportando la produzione e garantendo che i produttori stranieri contribuiscano con la loro giusta quota all’economia americana”. Invece, Bruxelles – pur confermando che le due sponde dell’Atlantico puntano ad “unire le forze per proteggere i settori dell’acciaio, dell’alluminio e del rame da una concorrenza sleale e distorsiva” – sottolinea che “la sovraccapacità globale minaccia sia l’industria dell’Ue che quella degli Stati Uniti” e che “insieme, l’Ue e gli Stati Uniti stabiliranno contingenti tariffari per le esportazioni dell’Ue a livelli storici, riducendo gli attuali Dazi del 50% e garantendo al contempo una concorrenza globale leale”. E, di nuovo, Gill specifica: “Quello che abbiamo detto è che istituiremo un sistema di quote che si baserà in gran parte sui volumi commerciali storici. Non abbiamo ancora tutti gli elementi costitutivi per farlo. Questo fa parte della discussione in corso con gli Stati Uniti, ma l’impegno in tal senso è la cosa importante”.
Visioni divergenti ci sono anche rispetto all‘applicazione del dazio del 15%. Per gli Usa, “nell’ambito della strategia del presidente Trump per un commercio equilibrato, l’Unione europea pagherà agli Stati Uniti un’aliquota tariffaria del 15%, anche su auto e componenti auto, prodotti farmaceutici e semiconduttori”. Per l’Unione, invece, il discorso è diverso: cioè “il massimale del 15% si applicherà anche a eventuali futuri Dazi su prodotti farmaceutici e semiconduttori, compresi quelli basati sulla Sezione 232” del Trade Expansion Act – che valuterà se sottoporre a Dazi la farmaceutica e i chip. Ma “finché gli Stati Uniti non decideranno se imporre ulteriori Dazi su questi prodotti ai sensi della Sezione 232, questi rimarranno soggetti solo ai Dazi della nazione più favorita (Npf, con una media del 4,8%) statunitensi”. Oltre a questi elementi, la Casa Bianca precisa che “l’Unione europea ha accettato di acquistare ingenti quantità di equipaggiamento militare statunitense”. Impegno assente nella nota della Commissione europea. E ieri, in un briefing tecnico con la stampa, un funzionario Ue ha specificato che “l’approvvigionamento di armi non è una questione di competenza della Commissione”. Dunque, “non abbiamo incluso alcun dato a riguardo. Credo che questa fosse più un’espressione delle aspettative da parte del presidente Trump”, ha illustrato. Infine, si possono rilevare delle differenze di stile nella descrizione dell’accordo. Ad esempio, per quanto riguarda gli investimenti privati europei negli Usa, Bruxelles scrive che si tratta di “promuovere e agevolare gli investimenti reciproci su entrambe le sponde dell’Atlantico” e che “le aziende dell’Ue hanno espresso interesse a investire almeno 600 miliardi di dollari (circa 550 miliardi di euro) in vari settori negli Stati Uniti entro il 2029, incrementando ulteriormente i già significativi 2.400 miliardi di euro di investimenti esistenti”. La Casa Bianca la vede come “ingenti investimenti dell’Ue negli Stati Uniti”, dove “l’Ue investirà 600 miliardi di dollari negli Stati Uniti durante il mandato del Presidente Trump” e “questo nuovo investimento si aggiunge agli oltre 100 miliardi di dollari che le aziende dell’Ue investono già negli Stati Uniti ogni anno”.
Stesso discorso vale sul fronte dell’energia, su cui Washington usa termini muscolari e scrive che “l’Ue raddoppierà gli sforzi per affermare l’America come superpotenza energetica, acquistando 750 miliardi di dollari di esportazioni energetiche statunitensi entro il 2028: ciò rafforzerà il predominio energetico degli Stati Uniti, ridurrà la dipendenza europea da fonti contrapposte e ridurrà il nostro deficit commerciale con l’Ue”. Per Bruxelles, invece, si tratta di “garantire un accesso affidabile all’energia critica e a forniture orientate al futuro”, per cui “l’Ue intende acquistare gas naturale liquefatto, petrolio e prodotti energetici nucleari dagli Stati Uniti, con un volume di acquisto previsto di 750 miliardi di dollari (circa 700 miliardi di euro) nei prossimi tre anni: ciò contribuirà a sostituire il gas e il petrolio russi sul mercato dell’Ue”. E, nel briefing, la portavoce della Commissione europea per l’Energia, Anna-Kaisa Itkonen, specifica che “l’accordo politico raggiunto domenica riguarda i prossimi tre anni”, mentre “le politiche Ue di decarbonizzazione vanno molto oltre” e “quindi questo accordo non contraddice affatto gli obiettivi o traguardi di decarbonizzazione a medio e lungo termine” dell’Unione. In più, “l’Ue intende inoltre acquistare chip di intelligenza artificiale per un valore di 40 miliardi di euro, essenziali per mantenere il vantaggio tecnologico dell’Ue”. E mentre la nota dell’Ue evidenzia che “il partenariato transatlantico è un’arteria fondamentale del commercio globale e rappresenta la relazione bilaterale commerciale e di investimento più significativa al mondo”, la Casa Bianca si concentra sul fatto che “l’agenda economica ‘America First’ del presidente Trump mira a ripristinare la potenza industriale” a stelle e strisce, “a garantire il predominio energetico e a rendere gli Stati Uniti la destinazione principale per la produzione avanzata e gli investimenti industriali”. E osserva che l’accordo raggiunto “apre uno storico accesso al mercato per la seconda economia più grande del mondo, ristabilendo il solido rapporto positivo a lungo termine tra gli Stati Uniti e il suo alleato chiave, l’Unione europea”. Ora si attende la dichiarazione congiunta delle due parti e il portavoce Gill ha precisato che arriverà presto: si vedrà come in quel testo verranno sintentizzate le varie differenze.
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