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Studio Parlamento Ue: crisi temporanea per energia, ma impossibile prevedere sviluppi

Il caro-bollette non sarà per sempre, perché conseguenza di fattori temporanei. Ma per famiglie e imprese, al pari della politica, il punto centrale della questione è la durata del fenomeno, indubbiamente problematico. Perché se sulla natura dell’aumento dei prezzi dell’energia non ci sono dubbi, sui tempi invece non vi sono certezze ma solo auspici. A mettere insieme buone e cattive notizie è un’analisi condotta dal centro ricerche del Parlamento europeo per conto della commissione Affari economici. E da una parte si cerca di rassicurare, mercati, imprese e consumatori. “L’attuale crisi energetica dell’Europa può essere considerata temporanea, in quanto non ha cause strutturali ma geopolitiche, che possono essere rimosse e addirittura dar luogo a un contraccolpo dei prezzi dell’energia in caso di cessate il fuoco o, auspicabilmente, di risoluzione del conflitto”. Però… C’è un però. “Al momento nessuno può prevedere con ragionevole approssimazione la probabilità e la tempistica di questo positivo sviluppo geopolitico”.

Bisogna rassegnarsi all’idea che il caro-energia persisterà ancora, con tutto ciò che ne deriva. Sui cartellini merceologici, innanzitutto. Perché gli shock nei costi produzione, “tipicamente dovuti a prezzi più elevati delle materie prime o degli input energetici”, sono tali che “le imprese possono produrre tanto quanto prima, allo stesso livello di margini, a condizione che possano trasferire i costi più elevati sui prezzi di vendita”. E’ la classica legge economica della domanda e dell’offerta. Se entrambe restano invariate ma i costi di produzione aumentano, anche i prezzi aumentano.

Qui si pone il dilemma della politica nazionale, visto che tutto ciò che riguarda mercato del lavoro ricade tra le competenze degli Stati membri. Indicizzare i salari al costo della vita rischia di alimentare la spirale inflattiva. Così come le misure di contrasto al caro-bollette. Gli analisti dell’europarlamento mettono in guardia sul “rischio che le autorità di bilancio di alcuni Paesi sfruttino il coordinamento monetario-fiscale per effettuare interventi di politica inflazionistica”. E’ quello che viene definito “l’elefante nella stanza”. Servirebbe dunque una politica coordinata, soluzione facile a dirsi ma assai meno a farsi.
I membri Ue con la moneta unica sono consapevoli dell’importanza di non agire in ordine sparso, e in tal senso la Banca centrale europea può fornire un valido sostegno. Però, di fronte al problema dell’aumento dei costi dell’energia e dell’alta inflazione che ne deriva, “la Bce non ha altra scelta se non quella di procedere sulla base del ‘meeting-by-meeting’ (volta per volta, ndr)”, rileva il documento di lavoro. Questo “rende piuttosto problematico qualsiasi tentativo di coordinare le proprie mosse con le altre banche centrali”, e non solo quelle degli Stati membri.

Se la sfida della crisi energetica si pone certamente per l’Unione europea, per altri soggetti si pone in modo diverso. Vuol dire che “la possibilità per la Bce di coordinare le proprie azioni con la Federal Reserve è ulteriormente complicata dal fatto che gli Stati Uniti sono (dal 2019) un esportatore netto di energia, mentre l’area euro è un forte importatore di energia”. Anche per questo il caro-bollette, almeno per ora, resterà un assillo per famiglie e imprese, e motivo di lavoro per la politica, nazionale ed europea.

Valentina Innocente

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