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Tabarelli (Nomisma Energia): “Obiettivi climatici ambiziosi diventano irrealistici, c’è già deindustrializzazione”

Davide Tabarelli è un esperto di energia dagli anni ’80. Ha fondato Nomisma Energia, che tuttora presiede, e negli ultimi mesi è diventato una sorta di guru su temi climatici e appunto energetici.

Professore, in questo inizio 2023 stiamo assistendo a un’accelerazione impressa dalla Ue sulla transizione, con provvedimenti destinati a modificare la vita dei cittadini e del tessuto economico italiano. Partendo dagli obiettivi green 2030 su aumento rinnovabili e diminuzione dell’uso di gas e petrolio, quale impatto può avere su industria e Pil italiano?

“Si tratta di obiettivi talmente ambiziosi che finiscono nell’irrealistico. Tutto nasce dal Fit for 55, questo 55% è appunto fissato entro il 2030, ma noi siamo a -23% e ci abbiamo messo trent’anni per fare trenta punti percentuale, come possiamo in 7 anni più che raddoppiare tutte le azioni e centrare i target? Facciamo le rinnovabili, va bene, ma è impossibile moltiplicare pannelli e pale in questo poco tempo”.

Ma quindi Fit for 55 è solo uno slogan?

“E’ uno slogan rivoluzionario. Servono questi slogan, ma non andremo lontano. La rivoluzione d’ottobre in Russia doveva portare la felicità ovunque ma abbiamo ora la guerra in Europa… Ci siamo ritrovati con questa crisi e questa guerra a trasferire il 6% del Pil all’estero, ovvero il deficit energetico. Potevamo fare qualcosa di più, se avessimo avuto più stoccaggio e maggiore produzione nazionale di gas. Dovremmo avere anche produzione nucleare… Il fatto è che a forza di parlare di rinnovabili, consumeremo sempre gas e saremmo allora dipendenti non più dalla Russia ma da qualche altro stato. Ben vengano, ripeto, le rinnovabili, aiutano, però dovremmo fare mente locale e renderci conto che da sole non bastano”.

Che dice della normativa che punterà solo sulle auto elettriche dal 2035, ponendo fine al motore endotermico? Cosa c’è da aspettarsi?

“Guardi, le auto elettriche sono una limitazione della libertà perché fanno mobilità di breve raggio, costano tanto, hanno bisogno di incentivi, e dal punto di vista ambientale non è vero che non inquinano, perché bisogna considerare anche come vengono prodotte. Stiamo facendo un piacere alla Cina, ha costi di produzione che nessuno può battere”.

Servono incentivi per la transizione come negli Usa e in Cina o si rischia la deindustrializzazione dell’Europa?

“L’Europa si sta già deindustrializzando su certe cose, eravamo proprio leader sull’auto e mi riferisco ad esempio alla tradizione motoristica del diesel. Quello che ci stanno facendo è un po’ un attacco, penso anche alle leadership su agroalimentare e vino. Comunque non abbiamo grandi tecnologie, per ora il manifatturiero tiene, ma il prezzo dell’energia è uno di quei costi aggiuntivi che vengono posti al nostro sistema produttivo che gli impedisce di essere competitivo nel mondo”.

E le Case green? Dopo il caos sul Superbonus 110%, sono realistici gli obiettivi senza forti incentivi?

“Sono entrato nella metà degli anni ’80 nel mondo dell’industria, già all’epoca si facevano politiche per migliorare l’efficienza energetica. Si fanno da tempo in tutti i Paesi, da noi si fanno da 50 anni, la prima legge è del 1976. Con il 110 per cento tuttavia i risparmi sono stati pochi, in generale non ci sono grandi risparmi che si possono fare sulle emissioni”.

A proposito di emissioni, c’è il nuovo regolamento europeo che riduce le quote gratuite. Questo comporterà più costi per le aziende? Più inflazione?

“Certo, è una tassazione. Molti soldi incassati vengono poi restituiti per incentivare nuovi comportamenti e l’efficienza energetica, però non si raggiunge molto. Di sicuro ci sono più costi per il sistema”.

Capitolo Pnrr. Dentro ci sono miliardi per biogas, idrogeno verde, transizione digitale… Ce la faremo a rispettare i tempi? E’ la strada giusta?

“Il tema è che servono misure di attuazione all’interno di una politica che, come ho detto prima, è rivoluzionaria. Serve la consapevolezza, molto presente nel resto del mondo, che l’energia è un bene primario delle persone… bisogna partire da questo”.

Chiara Troiano

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