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Il delta del Mekong non finirà sott’acqua. PoliMi ha contribuito a salvarlo

Il delta del Mekong in Vietnam potrebbe essere quasi completamente sommerso dall’acqua del mare entro la fine del secolo, se non verranno intraprese azioni urgenti. Un team di ricerca internazionale di cui fa parte il Politecnico di Milano, in un articolo pubblicato sulla rivista Science, ha individuato delle azioni concrete per impedire che questa area economicamente molto importante e densamente popolata finisca sott’acqua.

La maggior parte dei 40mila km2 del delta del Mekong si trova a 2 metri sotto il livello del mare, ed è quindi soggetto all’innalzamento degli oceani dovuto al riscaldamento globale. Inoltre, azioni locali come il pompaggio eccessivo delle acque sotterranee, l’estrazione di sabbia impiegata poi nel settore delle costruzioni e il rapido sviluppo dell’energia idroelettrica, minacciano il futuro delle risaie più produttivo del Sud-Est asiatico. Il team della ricerca sostiene che “solo un’azione concertata dei sei Paesi nel bacino del Mekong (Cina, Laos, Tailandia, Cambogia, Vietnam) e una migliore gestione dell’acqua e dei sedimenti all’interno del delta potrebbero evitare tali risultati“.

È difficile immaginare che un territorio delle dimensioni dei Paesi Bassi e con una popolazione simile possa scomparire entro la fine del secolo“, afferma l’autore principale dello studio, il professor Matt Kondolf dell’Università della California, Berkeley. Tuttavia, spiega, “come qualsiasi foce fluviale, il delta del Mekong sopravvive solo se riceve un rifornimento costante di sedimenti dal suo bacino a monte e flussi d’acqua per diffondere i depositi attraverso la superficie del delta, costruendo terreno a una velocità uguale o maggiore dell’innalzamento del livello del mare globale”.

Affamati di energia rinnovabile, i Paesi del bacino hanno sviluppato negli ultimi anni molti impianti idroelettrici (le cui dighe intrappolano i sedimenti e riducono i flussi di sedimenti a valle) con poca attenzione per gli impatti sul sistema idrico. Quel poco di sedimento che raggiunge il basso Mekong viene estratto per il settore edile nella regione, che richiede grandi quantità di sabbia per la bonifica dei terreni e le costruzioni di edifici“, riassume il co-autore principale, il dottor Rafael Schmitt dell’Università di Stanford.

Ci sono prove scientifiche che individuano i processi che mettono in pericolo la continua esistenza del delta del Mekong e come questi processi potrebbero essere controllati e mitigati.

Il team ha identificato sei misure che aumenterebbero significativamente la sopravvivenza del delta. Le dighe potrebbero essere progettate per consentire un migliore passaggio dei sedimenti, posizionate in modo strategico che ne riduca gli impatti a valle, o sostituite da parchi eolici e solari dove possibile. Inoltre, l’estrazione di sedimenti dovrebbe essere regolamentata rigorosamente e l’uso della sabbia del Mekong potrebbe essere ridotto attraverso materiali da costruzione sostenibili. Poi, l’agricoltura intensiva nel delta del Mekong dovrebbe essere rivalutata per la sua sostenibilità e le soluzioni naturali per la protezione dei litorali dovrebbero essere implementate su larga scala lungo le coste del delta. Tutte queste misure, assicurano i ricercatori, sono fattibili e hanno dei precedenti in altre zone del mondo.

Nonostante l’efficacia di queste misure, in particolare se attuate all’unisono, trovi d’accordo la comunità scientifica, esistono importanti ostacoli alla loro attuazione – afferma il professor Andrea Castelletti, co-autore dello studio e ordinario di Gestione delle Risorse Naturali al Politecnico di Milano – Alcune di queste azioni entrerebbero in conflitto con gli interessi acquisiti di determinati attori locali, come l’industria dell’estrazione della sabbia e le centrali idroelettriche. Le misure richiederebbero il coordinamento tra i Paesi, che dovrebbero concordare sul fatto che il sostentamento del delta del Mekong è un importante obiettivo della politica regionale”.

L’attuazione delle misure richiederà la partecipazione dei governi nazionali e degli attori internazionali (banche e agenzie di sviluppo), nonché di nuovi attori, ad esempio del settore privato e della società civile. Tuttavia, l’invito all’azione è chiaro quando Kondolf conclude: “Un delta del Mekong che prospererà oltre la fine di questo secolo è possibile, ma richiederà un’azione rapida e concertata in un bacino che è stato messo in pericolo dalla concorrenza, piuttosto che dalla cooperazione dei Paesi attraversati dal fiume”.

Nadia Bisson

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