China's Premier Li Qiang speaks during the opening ceremony of the China Development Forum at the Diaoyutai State Guesthouse in Beijing on March 23, 2025. (Photo by Adek BERRY and ADEK BERRY / POOL / AFP)
E’ sempre più alto lo scontro ‘commerciale’ tra Stati Uniti e Cina. La Casa Bianca ha infatti annunciato che i nuovi dazi sulle importazioni cinesi negli Stati Uniti saliranno al 104%, dando seguito alla minaccia di Donald Trump. Il presidente americano aveva infatti annunciato la scorsa settimana che le nuove tariffe verso Pechino, annunciate da gennaio, ammonteranno al 54% sui prodotti cinesi a partire dal 9 aprile, minacciando di aumentarle di altri 50 punti se la Cina avesse tentato di reagire. Pechino non ha mancato la risposta, e ha deciso di imporre una tassa del 34% sui prodotti americani a partire da giovedì.
Oggi il governo cinese ha promesso di combattere i dazi statunitensi “fino alla fine”, spingendo l’Unione Europea a cercare di calmare le tensioni che hanno fatto crollare i mercati azionari globali negli ultimi giorni. Alla vigilia dell’entrata in vigore dei dazi statunitensi sulle importazioni cinesi ed europee, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha chiesto di “evitare l’escalation” durante una conversazione telefonica con il premier cinese Li Qiang. E ha inoltre rilanciato l’ipotesi di “una risoluzione negoziata della situazione attuale”. In risposta, Li ha precisato che la Cina possiede “strumenti” sufficienti per “compensare” la turbolenza economica causata da una guerra commerciale con gli Stati Uniti. Nel frattempo, da Bruxelles si continua a valutare la possibilità di utilizzare lo strumento anti-coercizione: il cosiddetto ‘grande bazooka’ “è ancora sul tavolo, ma speriamo di non doverlo usare perché stiamo cercando di evitare un big bang”, ha chiarito il portavoce della Commissione europea per il Commercio, Olof Gill.
Dal canto suo il presidente americano tira dritto. E anzi, solletica Pechino: “La Cina vuole moltissimo un accordo sui dazi, aspettiamo la loro telefonata, ci sarà”, ha scritto su Truth. Allo stesso però, Trump si trova ad affrontare uno scontro interno alla sua amministrazione: Elon Musk ha attaccato Peter Navarro, il consigliere al commercio del presidente, definendolo “un cretino”. L’attacco del miliardario sul social X è una risposta alle dure parole dell’economista che, nel corso di un’intervista a Cnbc, aveva parlato di Musk come di un “assemblatore di auto”, solo perché aveva osato proporre a Trump l’ipotesi di ‘tariffe zero’, come riporta il Washington Post. Di fatto, Navarro è uno dei sostenitori più strenui della politica dei dazi portata avanti da Trump.
Il rischio di un’escalation della guerra commerciale tra le due principali potenze commerciali del mondo è reale. Da quando è tornato alla Casa Bianca a gennaio, Trump ha già imposto una tariffa del 20% sui prodotti cinesi. Dopo il 34% annunciato la scorsa settimana, si dovrebbe arrivare al 54% a partire dal 9 aprile. Il presidente Usa lunedì ha anche minacciato di imporre tasse aggiuntive fino al 50% sulle importazioni cinesi sempre a partire da domani se Pechino non abbandonerà l’imposizione di altri dazi doganali del 34% sui prodotti americani dal 10 aprile. Non avendolo fatto, i dazi per Pechino saliranno al 104% totale.
“La Cina non accetterà mai questo”, ha risposto un portavoce del Ministero del Commercio cinese. “Se gli Stati Uniti persistono su questa strada, la Cina li combatterà fino alla fine”, ha affermato. Inoltre, “se gli Stati Uniti vogliono davvero impegnarsi nel dialogo, allora dovrebbero dimostrare un atteggiamento basato sull’uguaglianza, sul rispetto e sulla reciprocità”, ha detto ai giornalisti Lin Jian, rappresentante del Ministero degli Affari Esteri. Soprattutto, ha aggiunto, “nessuno esce vincitore da una guerra commerciale o doganale e il protezionismo non porta a nulla. I cinesi non creano problemi, ma non ne hanno paura. Pressioni, minacce e ricatti non sono il modo giusto di trattare con la Cina”. Anche perché, è intervenuto il premier Li Qiang, “la politica macroeconomica della Cina quest’anno tiene pienamente conto di varie incertezze e ha sufficienti strumenti politici di riserva”. Di fatto, Pechino “è pienamente in grado di compensare gli effetti esterni avversi”, come una guerra commerciale con gli Stati Uniti.
Dal canto suo Trump continua a insistere sul fatto che l’America sia stata “saccheggiata” dal resto del mondo, motivo per cui ha deciso di imporre un dazio aggiuntivo del 10% su tutti i prodotti importati negli Stati Uniti, entrato in vigore sabato scorso, con alcune eccezioni come l’oro e l’energia. Dal, 9 aprile, questa aliquota verrà aumentata per diverse decine di importanti partner commerciali, in particolare l’Ue (al 20%) e il Vietnam (al 46%). L’amministrazione statunitense ha comunque assicurato di restare aperta alle trattative, alimentando una ripresa dei mercati azionari dopo diverse sessioni di calo: martedì Tokyo ha chiuso in rialzo del 6,02%, sostenuta dalle dichiarazioni del Segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent. Quest’ultimo ha dichiarato alla Fox News che “il Giappone avrà la priorità” nei prossimi colloqui sui dazi doganali, in seguito alla conversazione telefonica tra il primo ministro giapponese Shigeru Ishiba e Donald Trump avvenuta lunedì. Apertura anche verso la Corea del Sud, come confermato dallo stesso Trump che ha parlato con il presidente ad interim Han Duck-soo. “Una conversazione molto positiva”, ha annunciato il presidente su Truth, in merito “al deficit commerciale degli Stati Uniti con il suo paese, ai dazi doganali, ai cantieri navali, all’acquisto di gas naturale liquefatto americano” e ai “pagamenti per l’importantissima protezione militare che offriamo alla Corea del Sud”. Ora, “abbiamo la possibilità di concludere un grande affare per entrambi i paesi. Un team della Corea del Sud di vertice è su un aereo diretto negli Stati Uniti e le cose sembrano andare bene. Stiamo anche trattando con molti altri paesi, tutti desiderosi di fare un accordo con gli Stati Uniti”.
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