Un bilancio devastante, destinato a crescere di ora in ora. Due Paesi – la Turchia e la Siria – che scavano senza sosta sotto le macerie e la comunità internazionale che ha offerto tutto l’aiuto possibile. Russia compresa. La notte tra il 5 e il 6 febbraio 2023 sarà ricordata come il ‘big one’ dell’Anatolia: una scossa di magnitudo 7.9 – con epicentro a 30 km da Gaziantep – ha fatto tremare la Turchia sud-orientale, al confine con la Siria, e altre decine di scosse di assestamento – alcune con magnitudo superiore a 7 – hanno dato il colpo di grazia. Le vittime accertate sono oltre 5.000, i feriti sono ormai oltre 10mila, ma centinaia di famiglie sono rimaste sepolte sotto le case e i palazzi crollati. Gli italiani che si trovavano nelle zone del sisma sono stati tutti rintracciati tranne uno, che si trovava in Turchia per lavoro. “La Farnesina – ha scritto il ministro degli Esteri Antonio Tajani su Twitter -, fino ad ora, non è riuscita ad entrare in contatto con lui”. Le scosse hanno ucciso almeno
persone in Turchia e ne hanno ferite almeno 11.159. 3.471 edifici sono crollati. Le forti piogge e la neve, oltre al previsto abbassamento delle temperature, stanno rendendo ancora più difficile il lavoro dei soccorritori. A Iskenderun e Adiyaman, nelle province turche di Hatay e Adıyaman, gli ospedali pubblici sono crollati mentre è probabile che il bilancio delle vittime continui ancora a crescere nelle città interessate, Adana, Gaziantep, Sanliurfa, Diyarbakir in particolare. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha decretato sette giorni di lutto nazionale. Sono almeno 1.602 invece i morti in Siria. Ad aggravare la situazione in Siria, anche la difficoltà di censire le necessità nelle aree in mano ai ribelli, dove il bilancio di vittime e feriti è difficile da accertare, soprattutto nelle province di Aleppo e Idleb.La prima scossa è stata registrata alle 4.17 ora locale (le 2.17 in Italia) – a circa 60 km in linea d’aria dal confine con la Siria – seguita da dozzine di scosse di assestamento, poi alle 13.24 locali una nuova scossa di magnitudo 7.5. Si tratta del sisma più forte da quello del 17 agosto 1999, che causò 17mila vittime, di cui un migliaio a Istanbul. Nel 1939, invece, un sisma di magnitudo 8.2 nella zona intorno alla città di Erzincan, nel nord della Turchia, causò circa 33mila morti.
Di fronte alla desolazione di macerie e fumo, i sopravvissuti hanno cercato di mobilitarsi sgombrando le rovine a mani nude, utilizzando secchi per evacuare i detriti. Ad Hama (Siria centro-occidentale), soccorritori e civili hanno estratto a mano, aiutati da macchinari pesanti, i corpi delle vittime sotto le macerie, compreso quello di un bambino. A Jandairis (nord-ovest della Siria), un uomo ha pianto la morte del figlio, un ragazzino avvolto in una giacca a vento. Più di quaranta case sono crollate come un castello di carte in questa città di confine con la Turchia.
E mentre Damasco e Ankara affrontavano la loro tragedia, in Italia scattava l’allerta maremoto, diramata nella notte dal Centro Allerta Tsunami dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che aveva inviato la popolazione ad allontanarsi dalle zone costiere. Allarme poi rientrato nelle prime ore del mattino. Per precauzione, era stata sospesa la scopo cautelativo la circolazione ferroviaria in Sicilia, Calabria e Puglia, proprio per il rischio di possibili onde anomale.
La comunità internazionale si è immediatamente stretta intorno ai paesi colpiti dal sisma. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha fatto appello all’unità nazionale, affermando che la Turchia ha ricevuto offerte di aiuto da 45 Paesi. Tra questi c’è anche l’Italia, la cui premier Giorgia Meloni ha espresso vicinanza e solidarietà alle popolazioni colpite. La Protezione Civile italiana ha già fornito la propria disponibilità per contribuire al primo soccorso. Stesso appello è arrivato dal governo siriano: “La Siria invita gli Stati membri delle Nazioni Unite, il Comitato internazionale della Croce Rossa e altri gruppi umanitari (…) a sostenere gli sforzi del governo siriano per affrontare il devastante terremoto”, ha chiesto il ministero degli Affari esteri in una nota.
Messaggi di sostegno sono arrivati da tutto il mondo, dal presidente Usa Joe Biden fino al russo Vladimir Putin e al cinese Xi Jinping. “I nostri team sono sul campo per valutare i bisogni e fornire assistenza“, ha fatto sapere il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, facendo appello alla comunità internazionale. Un minuto di silenzio durante l’Assemblea generale dell’Onu. “Gli Stati Uniti sono profondamente preoccupati per le notizie sul devastante terremoto di oggi in Turchia e in Siria. Siamo pronti a fornire tutta l’assistenza necessaria“, ha dichiarato nell’alba americana il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan. “Il presidente Biden ha ordinato a USAID e ad altri partner del governo federale di valutare le opzioni di risposta degli Stati Uniti per aiutare le persone più colpite“. Gli Usa, continueranno a “monitorare da vicino la situazione in coordinamento con il governo turco“.
Il Cremlino, alleato della Siria, ha annunciato che le squadre di soccorso partiranno per Damasco “nelle prossime ore“, mentre secondo l’esercito sono già sul posto più di 300 soldati russi per aiutare con i soccorsi. Mosca ha precisato che il presidente turco ha accettato, dopo un colloquio telefonico con Vladimir Putin, “l’aiuto dei soccorritori russi” nel suo Paese. La Grecia, nonostante i suoi burrascosi rapporti con il vicino turco, ha promesso “di mettere a disposizione (…) tutte le sue forze per venire in aiuto della Turchia” e il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis ha chiamato Erdogan per offrire un “aiuto immediato” da parte di Atene. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato di aver soddisfatto una richiesta di aiuto della Siria, con la quale lo Stato ebraico non ha relazioni diplomatiche. Damasco ha subito negato di aver inviato una tale richiesta.
L’Unione Europea ha attivato il suo “meccanismo di protezione civile” e “sono già in arrivo squadre provenienti da Paesi Bassi e Romania” oltre che in particolare 139 soccorritori francesi che devono partire in serata e 76 vigili del fuoco polacchi. L’Azerbaigian, alleato e vicino della Turchia, ha annunciato l’invio immediato di 370 soccorritori, il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti così come l’India quello di squadre di soccorso mediche e attrezzature di soccorso. Tocca all’Ucraina dilaniata dalla guerra, che ha offerto “un folto gruppo di soccorritori“.
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