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Ucraina, Trump pensa a Roma per incontro con Putin e sente Meloni. Ma ‘niet’ di Mosca

Poteva essere Roma la sede dell’incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin. Poteva, ma non sarà. O, comunque, non dovrebbe essere. Perché c’è il ‘niet’ di Mosca. Che intanto, secondo quanto riporta l’agenzia Tass, fa sapere che il bilaterale si terrà alla fine della prossima settimana.

A lanciare la bomba è stata la ‘Fox News’, ma solo pochi minuti dopo è arrivata la smentita di una fonte di Mosca, riportata dall’agenzia di stampa russa ‘Tass’: “Roma non sarà la sede dell’incontro tra Putin e Trump”. Al presidente degli Stati Uniti l’idea era venuta in testa, magari ricordando il dibattito dei mesi scorsi e le disponibilità a ospitare i colloqui di pace per l’Ucraina, anche da parte del Vaticano. Secondo quanto trapela ne avrebbe anche parlato con la premier, Giorgia Meloni, nella telefonata di ieri, sondandone la disponibilità. Gli Usa ci hanno sperato, lo dimostra il fatto che pure il segretario di Stato, Mark Rubio, ne ha parlato nel Vertice degli Nsa, che ha coinvolto America, Italia, Francia, Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Ucraina e Finlandia. Una soluzione, quella della Capitale, che non sarebbe affatto dispiaciuta nemmeno all’ucraino Volodimyr Zelensky.

Le riflessioni, però, si sono scontrate con la contrarietà di Mosca. Ciò che dalle parti del Cremlino pensano dell’Italia è noto da tempo: il sostegno costante a Kiev (e mai venuto meno, anche col cambio di governo da Mario Draghi a Meloni) fanno ritenere il nostro Paese troppo ‘filo-ucraino’. In più di un’occasione dalla Russia è stato puntato il dito contro i nostri rappresentanti istituzionali, soprattutto contro il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

L’ultima pochi giorni fa, con passaggi di alcuni discorsi pronunciati in occasioni pubbliche dal capo dello Stato, elencate in una lista di ‘russofobi’ stilata addirittura dal ministero degli Esteri di Mosca, in cui sono finiti capi di Stato e di governo, ministri, personalità di molti Paesi, compresi i nostri ministri degli Esteri, Antonio Tajani, e della Difesa, Guida Crosetto. L’accusa era di “incitare all’odio”, motivo per cui la Farnesina convocò in tempo reale l’ambasciatore russo a Roma per avere chiarimenti. Anche se non servì a fermare Aleksej Paramonov. Che proprio lunedì scorso ha gettato altra benzina sul fuoco, durante un’intervista al quotidiano ‘Izvestija’, affermando che “in questo momento, non ci si può fidare per nulla dei nostri ufficiali interlocutori italiani”. Tutti elementi che rendono difficile vedere il nostro Paese come terreno in cui organizzare l’incontro Trump-Putin. Stando a quanto ha scritto ‘Tass’ il vertice “non sarà in un Paese europeo”, ma secondo la fonte citata dall’agenzia “è stata discussa la possibilità” di intavolare il faccia a faccia “in uno dei Paesi arabi”.  Sempre secondo la Tass, l’incontro è previsto per la fine della prossima settimana.

Intanto in vista del possibile incontro Washington e Mosca mirano a raggiungere un accordo per porre fine alla guerra in Ucraina, che bloccherebbe l’occupazione russa del territorio conquistato durante la sua invasione militare. Lo riporta Bloomberg citando fonti vicine alla questione. Funzionari statunitensi e russi stanno lavorando per un accordo sui territori: secondo le fonti, gli Stati Uniti stanno lavorando per ottenere l’adesione dell’Ucraina e dei suoi alleati europei all’accordo, che è tutt’altro che certo.

Valentina Innocente

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