“Per mettere le cose in prospettiva, abbiamo già avuto un anno con temperature medie globali di 1,5 gradi sopra l’era pre-industriale (punto di riferimento anche per i calcoli previsti dagli Accordi di Parigi del 2015, ndr): e gli scienziati si aspettano che supereremo la soglia dei 2 gradi nel prossimo decennio. Ma se guardiamo ancora più avanti, possiamo prevedere temperature di 3-4 gradi sopra quelle pre-industriali per la fine di questo secolo: e ciò renderà invivibile gran parte del pianeta dove abita la maggior parte della popolazione. Dunque, la gente dovrà spostarsi, ed è qualcosa che già vediamo: gran parte delle migrazioni climatiche attualmente in corso sono interne, ma avvengono sempre più al di là delle frontiere. La minaccia climatica sta esacerbando anche altre minacce: la mancanza di raccolti spinge in alto i prezzi del cibo, cosa che a sua volta causa disordini civili e l’aumento di conflitti in varie parti del mondo”. Lo dice la scrittrice e giornalista scientifica britannica Gaia Vince. Nel colloquio con il Corriere della Sera aggiunge: “Guardiamo a uno scenario in cui tre miliardi di persone potrebbero trovarsi al di fuori di quella nicchia climatica che l’umanità ha occupato per diecimila anni. Certo, questo non significa che tutte quelle persone dovranno spostarsi ma significa che grandi quantità dovranno farlo. Questi numeri non sono fissi, dipendono da molte cose: se aiutiamo la gente ad adattarsi lì dove vive, più persone potranno rimanere sul posto”. Poi Vince parla dei potenziali nuovi conflitti a causa dell’emergenza climatica: “Li vediamo nell’Africa orientale, ma anche il conflitto di questi anni in Siria è stato originato dalla crisi del pane, provocata da siccità croniche. E pure l’invasione dell’Ucraina aveva una componente climatica, perché l’Ucraina è il granaio di quella regione e anche perché le fonti di energia fossili sono segnate, sono in declino, molti Paesi stanno cercando di disfarsene e l’Ucraina è un’enorme area di risorse, ha le centrali nucleari. Se poi guardiamo a Sudan e Somalia, abbiamo siccità croniche che lasciano le popolazioni vulnerabili a narrative estremiste, allorché i governi legittimi non riescono a soddisfare i bisogni di base in termini di cibo e acqua. Uno dei più grandi campi profughi del mondo, Dadab nel nord del Kenya, è fatto in gran parte di rifugiati climatici”.
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