E’ terminato senza un accordo alle quattro e mezza di questa mattina il negoziato interistituzionale tra Parlamento e Consiglio Ue, mediato dalla Commissione europea, sulla revisione della direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia (Energy Performance of Building Directive) proposta dall’Esecutivo comunitario a dicembre 2021 per alzare gli standard energetici del parco immobiliare dell’Ue. Come previsto non è stato ancora possibile raggiungere un compromesso tra i co-legislatori, ma a quanto apprende GEA da fonti parlamentari sono stati comunque compiuti passi avanti nel dibattito a tre di questa notte tanto che il prossimo incontro negoziale, di cui ancora non si conosce la data, potrebbe essere quello decisivo. Il nodo politico della proposta è contenuto nell’articolo 9 dove la Commissione europea ha inserito standard minimi di efficientamento da parte degli Stati membri che hanno attirato le critiche di alcuni Paesi, tra cui l’Italia. A quanto si apprende, i negoziatori si stanno lasciando alle spalle i requisiti di ristrutturazione dell’Ue per i singoli edifici basati su classi energetiche armonizzate, preferendo un approccio medio sull’intero patrimonio edilizio ma stabilito su base nazionale. Saranno in sostanza gli Stati membri a selezionare il grado di ristrutturazione in base al loro sistema nazionale di classi energetiche e alla loro traiettoria nazionale di ristrutturazione. Resta da stabilire, nel prossimo incontro negoziale che dovrebbe essere anche l’ultimo, una percentuale fissa di risparmio medio di energia primaria da raggiungere rispettivamente entro il 2030 e il 2035, con strategie nazionali che determineranno i successivi sforzi di ristrutturazione in linea con l’obiettivo di un parco edifici a emissioni zero entro il 2050, che rimarrà come nella proposta della Commissione europea.
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