“Un summit che dà a Putin l’occasione di uscire dall’isolamento internazionale, a Modi un’opportunità di partnership con la Cina dopo la sua irritazione nei confronti di Trump e a Xi Jinping una vetrina per affermarsi sempre di più come il leader del Sud Globale. Gli unici a perderci sono l’America e l’Europa, anche se quest’ultima, facendo la mossa giusta, potrebbe cercare di riempire almeno in parte il vuoto lasciato da Washington nelle relazioni fra Occidente e India”. Così Gideon Rachman, principale commentatore di affari internazionali del Financial Times. In una intervista a Repubblica spiega: “Il massimo significato è per l’India. Erano sette anni che Modi non andava in Cina. Stavolta ci è arrivato sullo sfondo di un drastico peggioramento dei rapporti fra Delhi e gli Stati Uniti. L’America aveva costruito per vent’anni una relazione con l’India, Donald Trump l’ha mandata in fumo in pochi mesi: non si capisce se l’abbia fatto consapevolmente o meno, ma il risultato è comunque identico. A Modi non è piaciuto per niente il modo in cui il presidente americano si è attribuito il merito della fine delle ostilità brevemente scoppiate di recente fra India e Pakistan. E poi sono arrivati i dazi imposti da Washington, che danneggiano l’economia indiana. Per ragioni di orgoglio nazionale, simboliche e concrete, la risposta è un avvicinamento di Modi alla Cina. A scapito degli Usa e in generale dell’Occidente”.
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