“Da quando ero giovane, e avevo più forza, parlo dei fiumi che si prosciugano, delle piogge forti, del caldo estremo. È la deforestazione. Il governo del Brasile ora in Amazzonia vuole estrarre petrolio e costruire una ferrovia per trasportare i prodotti delle nostre terre mentre continuano a disboscare”. Lo dice il Grande Cacique Raoni, 92 anni, uno degli indios, forse il più rappresentativo, che ieri si è presentato alla Cop 30 di Belem. Come riporta il Corriere della Sera, in lingua kayapó, puntando il dito verso gli ospiti occidentali aggiunge: “Se continua così avremo problemi noi, poveri indigeni, ma anche tutti voi, perché qui ci sono le foreste che permettono al mondo intero di respirare e sopravvivere”. Gli fa eco il cacique Gilson, coordinatore dei 28 villaggi del popolo Tupinambà del Basso Tapajçs e dell’Amazzonia: “Il nostro territorio è minacciato dall’avanzata dell’agroindustria, dall’estrazione mineraria illegale, dalla contaminazione da mercurio, dal disboscamento e dalla speculazione immobiliare. Per noi, essere ricchi non significa avere case e auto di lusso, ma vivere come ci hanno insegnato i nostri padri”.
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