“Partiamo dall’oggi. Il gas arriva dalla Siberia artica con il progetto Yamal condotto da Novatek. Nel 2027 quel gas sarà deviato verso l’Asia e il Medio Oriente. Attraverso un riassetto dei trasporti marittimi è possibile che per l’Europa non ci siano scossoni”. Così Claudio Descalzi, ad di Eni, sull’addio al gas russo. In una intervista a Il Corriere della Sera ammette che si può stare tranquilli “fino a un certo punto. Se quel gas non arrivasse tutto all’Asia per distanza e vincoli logistici, strozzature nelle infrastrutture, Yamal ridurrebbe la produzione. E questo sì che creerebbe tensioni sui mercati che va ricordato sono globali. Dipende anche dalle scelte che farà l’Europa”. E aggiunge ancora sulla Ue: “Non si tratta di dare le colpe ma di fare scelte. L’Europa vuole sì o no la chimica, vuole le raffinerie? Non mi pare siano tempi nei quali ci si possa appoggiare ad altri, pena rinunciare alla propria sicurezza”. Non è un addio alla transizione: “Niente affatto. Si deve cambiare approccio. Le rinnovabili non possono fare tutto. Hanno bisogno di gas e nucleare a supporto. Non si può viaggiare a colpi di sussidi. Serve una strategia che permetta di allocare capitali verso business low carbon . Servono investimenti e strumenti finanziari”. E ancopra: “Se dobbiamo guardare ad Eni, la strategia di allocazione dei capitali è stata decisiva. Abbiamo estratto dalla pancia e integrato con i nostri ampi parchi clienti attività che in questo modo hanno moltiplicato il loro valore, abbiamo potuto valorizzare, aprire a attirando soci internazionali. Tanto per capirci Plenitude e Enilive oggi valgono 24 miliardi e si autofinanziano. Abbiamo così potuto continuare a investire. La tecnologia costa soprattutto se vuoi farla tua, guardate l’intelligenza artificiale”.
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