“Il dollaro statunitense ha continuato a rafforzarsi moderatamente all’inizio di questa settimana, a seguito di una nuova escalation delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente durante il fine settimana. Questo ha contribuito a riportare l’indice del dollaro sopra il livello di 99.000. Tuttavia, la performance di altre valute rifugio tradizionali è stata più eterogenea. Il franco svizzero si è rafforzato moderatamente insieme al dollaro, mentre lo yen si è ulteriormente indebolito, portando il cambio tra il biglietto verde e lo yen a risalire sopra il livello di 147,00 durante la notte. La debolezza dello yen potrebbe riflettere inizialmente le preoccupazioni degli investitori sul fatto che l’economia giapponese potrebbe essere colpita più duramente dall’aumento dei prezzi del petrolio, data la sua dipendenza dalle importazioni energetiche dalla regione, e il potenziale aumento dell’inflazione che potrebbe far salire i rendimenti più al di fuori del Giappone”. E’ quanto si legge in un’analisi sulla reazione dei mercati valutari in seguito agli attacchi statunitensi sull’Iran a cura di Lee Hardman, Senior Currency Analyst di Mufg Bank – istituto finanziario globale presente in Italia dal 1972 e tra le principali banche del Giappone.
“La domanda di beni rifugio in risposta agli attacchi missilistici statunitensi contro l’Iran non è stata sufficiente a invertire la tendenza al ribasso dello yen che si è manifestata di recente, sostenuta anche dalla cautela della BoJ nell’alzare i tassi a fronte dell’elevata incertezza legata alla politica commerciale e ai rischi geopolitici in Medio Oriente. Le valute ad alto beta del G10 per le materie prime, come il dollaro australiano e quello neozelandese, hanno anch’esse sottoperformato insieme allo yen”, ha evidenziato Hardman.
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