“L’aumento della tassa sui dividendi da partecipazioni inferiori al 10% va eliminato, il gettito si può e si deve trovare altrove”. Così Stefano Simontacchi, partner dello studio BonelliErede. In un colloquio con il Corriere della Sera perché la legge di Bilancio che porta dall’1,2 al 24% l’imposta sui dividendi che le società italiane incassano dalle partecipazioni di minoranza è una misura sbagliata: “L’esenzione fiscale dei dividendi non è un’agevolazione, ma una norma sistematica che evita la doppia imposizione economica, cioè che lo stesso profitto sia tassato due volte. È comprensibile l’esigenza del governo di rientrare nei parametri di bilancio Ue, ma qui è in gioco la credibilità del Paese e la sua capacità di attrarre investimenti”. E ancora: “Già il fatto che la norma sia retroattiva è una lesione della certezza del diritto. Rischia poi di disincentivare gli investimenti dei grandi gruppi nelle loro filiere, cruciali per un sistema produttivo frammentato e sottocapitalizzato come quello italiano. L’aspetto più grave è però che la misura scoraggerà gli investimenti degli italiani in Italia, favorendo paradossalmente quelli dall’estero. L’imposta del 24% si applica infatti solo ai dividendi distribuiti alle società italiane, mentre per le cedole pagate a soci esteri continua ad applicarsi l’euroritenuta dell’1,2%”.
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