“Io sono più preoccupato di quello che ci aspetta di qui in avanti. La nostra industria si è rialzata ma potrebbe trovare seri ostacoli lungo il cammino. Penso in particolare alla questione dell’energia”. Così Alessandro Spada, presidente di Assolombarda, prima territoriale di Confindustria. In una intervista a Il Corriere della Sera spiega: “Dopo la pandemia la situazione è peggiorata. È vero, abbiamo ricostituito gli approvvigionamenti facendo a meno del gas russo. Ma i prezzi sono più alti, anche perché una buona fetta di queste forniture è costituita da Gnl, gas naturale liquefatto. Il risultato è che il costo dell’energia per le imprese italiane è strutturalmente superiore almeno del 30% rispetto a quello di Germania e Francia e il costo pagato dalle imprese europee in certi periodi è arrivato a essere addirittura 7 volte più che in Usa e in Cina. Il costo dell’elettricità resta più alto in Italia perché frutto della generazione termoelettrica da gas naturale”. Per le vie d’uscita, Spada indica “una convergenza a livello Ue sul mercato unico dell’energia e su un prezzo competitivo unico” e poi il nucleare. Che però spaventa: “Perché non si conoscono le cose – precisa -. Pensiamo ancora alle centrali degli anni Ottanta quando oggi la tecnologia ha fatto passi da gigante sul fronte della sicurezza e della gestibilità di questi impianti. Che per di più porterebbero lavoro nei territori: si parla di oltre mezzo milione di posti entro il 2050. Ma bisogna partire subito: solo partendo subito potremmo avere le prime centrali nel 2030-2031. Serve al più presto inserire il nucleare nel Pniec. Solo così potremo avere l’energia necessaria a gestire la transizione e la digitalizzazione”. Infine c’è spazio per le rinnovabili “che vanno sviluppate, ma non bastano. L’alternativa è una lenta deindustrializzazione. Anche perché i bisogni di energia stanno aumentando a dismisura con la digitalizzazione: secondo l’Aie il consumo energetico dei data center potrebbe passare dai 460 terawattora del 2022 ai 1.050 del 2026”.
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