La guerra di Vladimir Putin in Ucraina continua a portare a mietere successi. Per l’Unione europea.
Forse ‘mietere successi’ è un’espressione eccessiva per quello che sta succedendo ad Ovest della vandalizzata Ucraina, ma è indubitabile che le mosse dell’autocrate russo hanno messo in moto un meccanismo, per lui soprattutto, inatteso, di compattamento tra i Ventisette. Lo si è visto sulla questione sanzioni, arrivate al quarto pacchetto e stabilite con velocità che un diplomatico europeo ha definito “mai viste: le abbiamo discusse ad approvate in un quarto d’ora ciascuna”.
Poi è toccato all’energia, altro settore della “guerra non guerreggiata” dell’Unione che ha visto una grande unità, per il momento di intenti, ma che avrebbe potuto segnare una spaccatura profonda che, fino a questo momento, ha invece lasciato il posto ad uno spirito collaborativo nuovo. Dalla crisi, come spesso accade, nascono fiori. Nelle crisi, e Putin questo non lo pensava, le democrazie si compattano.
All’ultimo Consiglio europeo senza grosse sorprese i capi di Stato e governo hanno concordato di “gradualmente ridurre la dipendenza dalle importazioni di gas, petrolio e carbone russo il più presto possibile”, è un novità epocale, impensabile fino a poche settimane fa. La Commissione Ue ha ricevuto dai Capi di Stato e di Governo il mandato di presentare entro la fine di maggio i dettagli del piano ‘REPower Eu’ annunciato lo scorso 8 marzo. I leader hanno precisato, dopo un dibattito durato una decina di ore, che in questi dettagli sul piano per ridurre la dipendenza si terrà conto “delle circostanze nazionali e il mix di energia degli Stati membri”, il che significa implicitamente grande apertura anche al nucleare, sulla quale si era in stallo da mesi prima della guerra, da cui sono dipendenti Paesi come la Francia e il Belgio.
Si è anche deciso di trovare la maniera di fare acquisti comuni, allo scopo di avere più potere contrattuale sui prezzi con i nuovi fornitori che dovrebbero sostituire, nel tempo, il gas russo.
Certo, non è tutto tranquillo, sulla riforma del mercato dell’energia la divisione tra iberici, buona parte del Sud, e il resto dei partner è forte, Madrid ha investito tanto sulle rinnovabili e vuole dunque un sistema di prezzi che le permetta di abbassarli in proporzione. Qui l’accordo ancora non c’è, ma i, leader si sono intesi sulla cosiddetta “eccezione iberica” per la quale di dovrà “tener conto” della specificità della penisola.
Insomma, se non tutti i temi sono stati risolti, anzi, non lo sono, i passi avanti nel confronto sono stati tanti, e sino a un mese fa, inaspettati.
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