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Europa impegnata nella salute e la ‘cura’ diventa sostenibile

Durante la pandemia che ha iniziato ad attraversare l’Europa oramai più di due anni fa, e che sta in queste settimane ricominciando a dare sferzate che alcuni esperti giudicano preoccupanti, noi cittadini ci siamo accorti che pian piano l’Unione europea sta assumendo un ruolo sempre più di primo piano nella gestione delle emergenze sanitarie. E la cosa è piaciuta ai cittadini, che, secondo quando emerge da uno studio presentato a Bruxelles questa settimana da Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos Italia, durante un dibattito organizzato dal circolo Palombella, la fiducia degli europei nell’Unione, in caduta libera dal 2014, ha ricominciato a risalire proprio quando la Commissione europea ha iniziato ad avere un ruolo di leader nella gestione dell’emergenza, tra aprile e giugno del 2020. Ora la fiducia sta subendo un nuovo leggero calo, ma resta superiore al 44 per cento, contro il 29 dell’aprile 2020.

La Commissione ha cavalcato l’onda, ed ha iniziato a frugare nei suoi cassetti per trovare vecchie idee e ha chiamato a raccolta i suoi esperti per trovarne di nuove. E così la responsabile del settore, la cipriota Stella Kyriakides, è diventata uno dei personaggi più in vista del “team von der Leyen”. Lo è perché oramai tanti uffici, diversi, del palazzo Belaymont si occupano in qualche modo di salute, e tra questi anche quelli che lavorano ad implementare le politiche sulla protezione del clima, lanciate dal Green Deal, il primo importante provvedimento presentato dalla Commissione nata a fine 2019, che sta segnando, anche per le allora impreviste traversie causate dall’invasione russa dell’Ucraina, tutta la legislatura ed il lavoro di governi ed imprese.

Perché anche nell’industria della salute c’è da fare. Non è uno dei settori più inquinanti nel mondo della produzione, va detto, ma ognuno deve fare la sua parte, E dunque vediamo grandi gruppi, come ad esempio Chiesi, basato a Parma, o Astra Zeneca, che hanno implementato programmi dedicati proprio alla protezione del clima. In questa industria si può ad esempio lavorare sulla protezione delle acque, sull’utilizzo di materiali meno impattanti per i presidi sanitari, e si può, e qui il settore si allarga all’industria chimica, che è strettamente legata alla farmaceutica, lavorare sull’abbassamento drastico dell’uso dei solventi nella preparazione dei principi attivi.

La commissione ha programmi su tutto questo, come li ha sulla protezione dei pazienti dall’utilizzo sbagliato (di solito eccessivo) di antibiotici, sulla medicina di prossimità, la telemedicina, le malattie rare, gli approvvigionamenti… su tutta una serie di politiche che non solo hanno l’obiettivo di curare meglio i cittadini, che è ovviamente la prima sfida, ma anche quello della protezione “indiretta”, attraverso una produzione ed una cura più sostenibili.

Nadia Bisson

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