È il lago salato più grande del pianeta. Ma, in futuro, rischia di abbassarsi tra i 9 e 18 metri. Il Mar Caspio, a causa del cambiamento climatico, ha già perso 2 metri solo negli ultimi 20 anni, come dicono i dati aggiornati a dicembre di Theia hydroweb. Se questo trend dovesse continuare, porterebbe a galla una superficie grande quasi quanto il Portogallo.
Farebbe così la stessa fine del Lago di Aral (un suo “vicino”, situato alla frontiera tra l’Uzbekistan ed il Kazakistan), un tempo quarto lago per estensione al mondo, oggi quasi del tutto prosciugato per le conseguenze del cambiamento climatico e delle azioni umane. “La riduzione netta del Caspio, dovuta all’evaporazione dell’acqua – dice a GEA Claudia Pasquero, oceanografa dell’università di Milano-Bicocca – è un dato incontrovertibile. Pur non escludendo possibili fluttuazioni nel breve periodo, negli anni a venire il lago perderà almeno un quarto della sua superficie”.
Il Caspio si trova in una depressione, a 28 metri di profondità rispetto all’oceano, non può quindi avere emissari. “Questo aspetto – continua Claudia Pasquero – rende i laghi interni particolarmente sensibili ai cambiamenti, sia naturali che antropici: l’acqua che entra nel lago può uscire solo a causa dell’evaporazione o per azioni umane”.
Le immagini satellitari mostrano, infatti, come gran parte della nuova terra emersa nascerebbe dalla parte settentrionale del Caspio, dove i sedimenti trasportati dai fiumi Volga e Ural hanno abbassato notevolmente la profondità, portandola a una media di circa cinque metri e rendendola particolarmente soggetta all’innalzamento delle temperature.
Le acque poco profonde pullulano di molluschi, crostacei e pesci, e d’inverno le foche d’acqua dolce (specie rarissima) allevano i loro cuccioli sul ghiaccio che si forma solo in questa zona del lago. Inoltre, l’esteso sistema fluviale e le vaste zone paludose attraggono diverse specie di uccelli migratori e forniscono l’habitat ideale per flora e fauna uniche al mondo.
La minaccia per questo ecosistema non è soltanto il prosciugamento, ma anche le acque reflue non trattate, la pesca incontrollata e gli scarti della produzione di gas e petrolio: fonti principali, queste ultime, di lavoro e ricchezza per la popolazione costiera.
Non si tratta solamente di un problema ambientale: la diminuzione del livello delle acque del Mar Caspio e l’avanzamento della costa avranno un impatto negativo anche su porti e banchine, nonché sul transito e sulla navigazione.
Le minori possibilità offerte possono portare alla migrazione e al calo demografico della popolazione nelle città e nei villaggi costieri intorno al Mar Caspio. L’esperienza del prosciugamento del Lago d’Aral insegna.
Sono due le ragioni che causano l’abbassamento delle acque del Mar Caspio. La prima è il cambiamento climatico, alla base del progressivo riscaldamento della regione (quindi dell’evaporazione), e dell’assenza di precipitazioni.
Il secondo fattore è rappresentato dalla costruzione e sfruttamento delle dighe lungo il fiume Volga da parte della Russia: circa 130 fiumi sfociano nel Mar Caspio, ma circa l’80% dell’acqua proviene da qui. La guerra in Ucraina e le sanzioni occidentali hanno diminuito le importazioni di prodotti agricoli dall’Europa e dagli Stati Uniti. Questo ha portato a un maggiore sfruttamento delle risorse idriche del fiume per sviluppare le coltivazioni di grano nelle aree circostanti.
I cinque Stati che si affacciano sulle coste del Mar Caspio (Azerbaigian, Iran, Kazakistan, Russia, Turkmenistan e Uzbekistan) hanno siglato, nel 2003, la Convenzione quadro per la protezione dell’ambiente marino, ma non sempre ha prodotto buoni risultati.
Il governo kazako, negli ultimi mesi, sta compiendo piccoli passi in favore dell’ambiente, istituendo zone protette per le foche e gli storioni. Ma con cinque diversi Paesi che condividono il Caspio, le informazioni (e le azioni possibili) sullo stato della flora e della fauna marina rimangono parziali.
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