Calano squali nel Mediterraneo. Studio Iucn: “Governi si impegnino di più”

La pesca eccessiva, quella illegale e la crescente commercializzazione di carne di squalo rappresentano una minaccia significativa per le oltre 80 specie di squali e razze che popolano il Mar Mediterraneo. Una nuova ricerca, pubblicata sulla rivista Biological Conservation e condotta da Lydia Koehler e Jason Lowther, entrambi esperti di diritto ambientale della School of Society and Culture dell’Università di Plymouth, ha esaminato gli attuali livelli di legislazione in vigore per proteggere le popolazioni di elasmobranchi (che comprendono squali, razze e razze) in ciascuno dei 22 Stati costieri della regione mediterranea.

In questi Paesi – che vanno dalla Spagna e dal Marocco a ovest fino a Israele, Libano e Siria a est – i ricercatori hanno identificato più di 200 misure che riguardano in qualche modo gli elasmobranchi, dalla legislazione nazionale agli sforzi di conservazione attuati da varie organizzazioni non governative (ONG).

I Paesi dell’Unione europea hanno in genere guidato l’attuazione di un maggior numero di misure rispetto a quelli non appartenenti all’Ue, in modo particolare in Spagna. Tuttavia, sebbene gli squali siano entrati nelle agende politiche di molti Paesi, lo studio ha riscontrato notevoli differenze nell’efficacia del monitoraggio della legislazione.

Gli squali fanno parte dell’ecosistema marino da milioni di anni, con una storia evolutiva che precede i dinosauri. Esistono oltre 1.000 specie di elasmobranchi in tutto il mondo e svolgono una varietà di ruoli ecologici, sia come predatori apicali che mantengono sane le popolazioni di specie preda, sia come fonte di cibo per altri predatori. Tuttavia, molte specie di squali del Mediterraneo hanno subito un drastico declino negli ultimi decenni e oltre la metà delle specie è minacciata di estinzione, in gran parte a causa della pesca eccessiva e delle pressioni correlate, come le catture accidentali. Trovare modi efficaci per conservarle è quindi di importanza cruciale”, spiega Koehler, docente associata e membro della Commissione mondiale per il diritto ambientale (WCEL) dell’IUCN.

Come riferisce Lowther, professore associato di diritto, lo studio ha mostrato differenze sostanziali negli sforzi dei Paesi per la conservazione degli squali. “Ciò può essere legato all’accesso alle risorse, alle competenze e alle capacità disponibili e alla volontà generale di sviluppare e attuare misure alla luce di altre pressioni concorrenti. Il raggiungimento di risultati positivi per queste specie richiede non solo il sostegno dei governi, ma anche una volontà politica sostenuta attraverso i periodi elettorali e un impegno costante a lungo termine per guidare il cambiamento. Richiede anche l’integrazione delle comunità della regione mediterranea e il nostro parere è che questo lavoro rappresenti un punto di partenza in questo processo”.

Chiara Troiano

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