Il 25 settembre anche la Svizzera ha avuto il suo appuntamento elettorale. I cittadini erano chiamati a un referendum che chiedeva norme più stringenti sul benessere animale che, in sostanza, avrebbe significato una revisione completa del sistema di allevamento intensivo nei cantoni. La popolazione, però, con il 62,9 % dei voti, ha bloccato il via a una revisione delle regole. “Le persone dicono che in fondo cambiare non è necessario, ma non si considera l’urgenza del momento storico“, osserva con GEA Pietro Leemann, chef svizzero e fondatore del ristorante stellato ‘Joia’ a Milano.
In Italia Leemann è considerato il guru dell’alta cucina vegana, nel suo ristorante il 95% dei piatti non contiene nessun derivato animale, il 5% contiene latticini. “Sono cuoco da molti anni, lavoravo in ristoranti buoni ma onnivori e non mi identificavo più in quella cucina“, racconta. È mosso da una spiritualità profonda.
È vegano per etica, salute o ambiente?
Per rispetto del mondo che ci ospita e per un senso evolutivo dell’essere umano, perché sono un cultore di filosofie secondo cui se siamo aggressivi verso l’ambiente, ne risentiamo noi stessi, perché rompiamo l’armonia con la natura. Sono induista, credo che un’attitudine pacifica verso il mondo e gli animali ci faccia stare meglio interiormente ma anche al di fuori. Un mondo rispettato è un mondo che ci rispetta, l’aspetto ambientale è conseguente, come quello salutista.
Qual è il suo rapporto con chi consuma carne e cosa pensa del veganesimo estremo?
Non c’è dubbio che un’alimentazione vegetariana e vegana sia migliore sotto molti punti di vista, ma la scelta di ognuno è libera. Con un senso di responsabilità verso il mondo che non può essere ignorato.
Lei ha dato grande dignità alla cucina vegana. Ma in molti pensano che il veganesimo debba imitare bene piatti che prevedono l’uso di animali o derivati.
Nella mia concezione di cucina, il centro è la natura. Il vegetariano o il vegano si ciba di vegetali, né di carne né dei suoi surrogati. La natura è portatrice di vita e andrebbe celebrata come tale. Imitare la carne è utile per passare a una alimentazione vegetale e meno impattante, ma il punto finale è che la natura ci dà tutto quello che è necessario per vivere sani, perché imitare la carne dunque?
Il momento è delicato, la crisi energetica colpisce tutti. Lei come si comporta per risparmiare energia in cucina? Che ne pensa della proposta del premio Nobel Giorgio Parisi, di cuocere la pasta con il calore residuo dell’acqua portata a ebollizione?
È una procedura che funziona molto bene ed è assolutamente consigliabile per le famiglie, la pasta migliora addirittura. Si tratta di far bollire l’acqua, calare la pasta, coprire con un coperchio e spegnere il gas, la pasta cuoce e le sue proteine migliorano molto rendendola più digeribile, è sicuramente una buona idea. Per quanto riguarda la mia cucina del ristorante, da sempre sono attento all’energia che consumiamo. Da 20 anni abbiamo un sistema a induzione, che fornisce energia solo quando è necessaria e un computer che ne gestisce e limita il consumo. Sono poi attento a non utilizzare imballaggi di plastica, su quello lavoro molto, con sacchi grandi di farina, verdure in cassette. Tutto è biologico, perché dobbiamo considerare che ci sono stili agricoli molto più impattanti di altri.
Il cambiamento climatico in atto porterà a un aumento di carestie, in quel caso il consumo di insetti sarebbe da demonizzare?
Sarebbe totalmente inutile, perché come detto prima la natura ci dà tutto: con cereali, verdure e legumi la nostra dieta è equilibrata. Noi siamo ciò che mangiamo, quello è cibo da orchi non da esseri umani che riflettono.
Fossimo tutti vegani ci sarebbe un problema di consumo di suolo.
Il suolo basterebbe ampiamente. In Italia c’è un movimento molto bello che propone di piantare gli alberi, in questo modo si frena il processo di riscaldamento globale. Si piantano nei luoghi non più coltivati…ma questo significa che siamo pieni di luoghi abbandonati che prima erano destinati alla coltivazione, è un paradosso.
L’alta qualità vegana, quanto è davvero universalizzabile?
Molto più facilmente. Bisogna solo fare attenzione alle mode: la frutta secca si può consumare in minore parte integrandola con i legumi, ad esempio. Non occorre poi consumare così tanto avocado, è opportuno per chi diventa vegano studiare ciò che è meglio per l’ambiente.
In tema di moda alimentare, come si è comportato con l’olio di palma?
Credo sia stato demonizzato. Era più dannoso, in certi luoghi, per l’ambiente che non da un punto di vista alimentare, è un olio saturo più difficile da digerire ma anche il burro è saturo. Io non lo utilizzo al Joia perché non ne ho bisogno e dal punto di vista dell’immagine è una questione delicata.
In un futuro sostenibile e tendente al veganesimo in quale direzione andrà lo street food? Cosa al posto dell’hamburger?
Il futuro sarà al 100% sempre più vegano, lo dimostrano i giovani. Oggi è il mondo dei cereali, la pizza, la pasta, che diventano facilmente street food. E poi auspico che la trasformazione diventi anche una riflessione per una cucina sana, immagino anche delle zuppe o delle insalate da street food.
Ha appena cambiato il menu.
L’abbiamo cambiato ieri. La cucina come la pensiamo noi è sempre della stagione, per quanto riguarda gli ingredienti, ma anche concettualmente. In estate si servono piatti più freschi o anche freddi, ora le persone hanno voglia di piatti caldi e ricchi con più rotondità. Lo abbiamo costruito su una concezione riscaldante che richiama molto l’autunno. I clienti sono già molto contenti.
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