Abbassare il freno sulla transizione ecologica e spingere sull’acceleratore, con coraggio e ambizione. E’ l’appello che Stefano Ciafani, riconfermato a dicembre alla guida di Legambiente per altri quattro anni, fa al governo dai microfoni di #GeaTalk, il forum di GEA sull’attualità. Dal congresso in cui fu eletto al primo mandato, Napoli 2019, è cambiato tutto. In mezzo, ci sono state una pandemia e diverse guerre che hanno condizionato gli equilibri e la sicurezza energetica dell’Europa. “Facemmo il congresso nel mese di novembre e dopo pochi mesi dovemmo rivedere tutte le nostre priorità, perché con il Covid è cambiato il mondo“, racconta. Quattro anni impegnativi nei quali l’ambiente è diventato un tema centrale per le politiche europee. “Anche se lo era già prima, visto che Ursula von der leyen appena insediata lanciò il suo programma sul Green Deal, che poi è stato rafforzato con il Next Generation Eu“.
Durante la Cop28 di Dubai, si è riacceso il dibattito sul nucleare. Il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, punta sugli Smr, senza voler passare dalle centrali. La considera comunque una fonte sostenibile?
“Il nucleare è una fonte di energia in declino, in tutto il mondo. Lo raccontano anche le cronache economiche. Quella sul nucleare è una discussione surreale. Il governo parla dei piccoli reattori modulari, ma considerarli una tecnologia che permetta di abbassare i costi è assolutamente impensabile. Poi sono curioso di sapere quali sono queste aree industriali che, in giro per l’Italia, si candidano per ospitare piccoli reattori nucleari. Come sappiamo, si scatenano proteste anche sulle cose sane che il nostro Paese deve fare. Dunque, francamente, ci viene un po’ difficile pensare quali possano essere i luoghi dove questi ‘piccoli reattori’ possano essere ospitati in maniera semplice, a fronte di costi che restano alti”.
Nel rapporto con l’Europa, Legambiente ha annunciato che sosterrà il ‘Nuovo Green Deal europeo’. Pensa che le polemiche nate con le politiche di Frans Timmermans possono essere state controproducenti?
“Noi quando all’inizio dell’attuale legislatura europea si è trovato l’accordo sull’attuale presidente, Ursula von del Leyen, salutammo con grande favore la sua presidenza. L’Europa aveva rimesso l’ambiente al centro. Perché? Non è questione di politiche ambientali e basta, il Green Deal europeo punta alla decarbonizzazione dei 27 Paesi membri entro il 2050. Questo è un contributo importante, ma la filiera delle tecnologie pulite, domani o dopodomani, verrà venduta in tutto il mondo. Il pacchetto fu varato per rendere l’Europa e le sue imprese più competitive sul mercato internazionale. Tutte le polemiche sulle politiche europee, rispetto ai pacchetti di direttive o proposte di regolamenti come Case green, imballaggi o lo stop alla produzione e commercializzazione delle automobili a motore endotermico entro il 2035, sono state viziate dal fatto che siamo entrati in campagna elettorale per le europee. E l’Italia ha dato un contributo importante nel polemizzare contro le politiche ambientaliste messe in campo dalla Commissione europea. Ma io credo che occorra ‘de-partiticizzare’ queste discussioni. Dall’Italia è stato detto che se fosse passata la direttiva sulle Case green così com’era in origine, sarebbe stata una patrimoniale mascherata per i proprietari. La norma poi è stata ammorbidita, ma se si rendono più efficienti case e uffici, si evita di pagare quella patrimoniale di cui non si parla mai: le bollette di luce e gas. Pagheremmo di meno se rendessimo più efficienti quei colabrodo in cui viviamo e lavoriamo nel nostro Paese”.
A proposito di polemiche, condivide le forme di protesta dei nuovi movimenti ambientalisti giovanili come Ultima Generazione? Solo ieri la protesta è arrivata nel cuore di Roma, in via del Corso.
“Le motivazioni sono condivisibili, perché gli attivisti sono molto preoccupati della lotta al cambiamento climatico che va avanti troppo lentamente. Non condividiamo, invece, alcune delle loro azioni, che rischiano di allontanare i cittadini dai motivi per cui fanno queste proteste. Non ha senso incollarsi le mani al vetro di protezione di un’opera straordinaria. Non ha senso imbrattare, anche se con colori lavabili, monumenti. I blocchi stradali fanno arrabbiare le persone. Allo stesso tempo, c’è un clima di criminalizzazione eccessivo con disegni di legge o leggi che hanno inasprito le pene su alcune forme di illegalità. Ci sono piani securitari e legalitari a livelli diversi che non comprendiamo. Per quale motivo il mafioso che minaccia l’agroalimentare italiano commette un reato contravvenzionale e al massimo rischia una multa e i cosiddetti ‘ecovandali’ rischiano un delitto da Codice penale per un’azione che non si deve fare ma che non ha nulla a che vedere con quelle commesse dalle organizzazioni criminali?”.
Qual è il suo appello al governo?
“E’, con trasporto, lo stesso che facevamo anche al governo Draghi, che chiedo di abbassare il freno a mano sulla transizione ecologica e spingere il piede sull’acceleratore. Penso alle politiche energetiche: l’attuale governo è piuttosto in continuità con il precedente, da questo punto di vista. C’è bisogno di più coraggio e più ambizione. Di una maggiore voglia di fare dell’Italia un Paese che guida la transizione ecologica mondiale. Invece vediamo un partito della lentezza, trasversale. Sono sicuro che chi dice oggi che dobbiamo andare lentamente, domani si lamenterà perché il mercato italiano sarà monopolizzato da tecnologia cinese, tedesca e statunitense: cioè quei Paesi che ci hanno credito di più e fatto più velocemente, per gli interessi nazionali del proprio sistema produttivo. Noi chiediamo che sia interesse del Paese puntare sull’innovazione che domani si venderà in tutto il mondo”.
Se potesse fare una domanda a Giorgia Meloni, nel corso della conferenza stampa di fine anno, quale sarebbe?
“Noi salutammo con grande favore quando Giorgia Meloni, a novembre dell’anno scorso, in Parlamento, presentò il Centro-Sud come l’hub delle rinnovabili. Anche noi rimanemmo positivamente colpiti, ma dopo qualche mese è cambiata la narrazione e l’Italia deve diventare l’hub del gas. Alla premier chiederei cosa è successo in quelle settimane per cambiare di 180 gradi la direzione del Paese? Immagino la risposta, ma sarei molto curioso di ascoltarla”.
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