Questa è la storia di Siso, che visse due volte. È una storia iniziata con un doppio e differente dramma e proseguita culminando con la gioia, l’educazione, la sensibilizzazione e l’amore per il mare e la vita. Siso è il nome che il biologo marino Carmelo Isgrò ha dato a un giovane capodoglio di circa 10 metri, morto sulla costa di Capo Milazzo dopo essere rimasto con la coda incastrata tra le maglie di una rete illegale nei pressi delle isole Eolie nel giugno 2017. Siso era anche il soprannome di un caro amico di Carmelo Isgrò, che lo aiutò nell’operazione di recupero della carcassa del capodoglio ma che il giorno dopo il completamento di questa operazione morì in un incidente in moto: per questo Carmelo ha scelto questo nome per il cetaceo.
“Quando nel giugno del 2017 il capodoglio imprigionato e ferito è arrivato sulla costa nei pressi di Capo Milazzo – racconta Isgrò – sono immediatamente corso a vederlo. Nonostante una lunga operazione condotta dalla Guardia Costiera che l’aveva parzialmente liberato da questa rete, l’animale era purtroppo morto. Stare davanti a lui mi faceva provare delle sensazioni molto contrastanti: da una parte ero affascinato, però dall’altra ero molto triste, perché immaginavo la sua lunga sofferenza e il modo brutale in cui era morto. E soprattutto il fatto che fosse morto a causa dell’uomo. Così ho deciso che non potevo rimanere inerte, dovevo fare qualcosa”.
Carmelo si mette così al lavoro con l’amico Francesco, da tutti detto Siso, per raccogliere e ripulire le ossa dell’animale: voleva evitare che venisse dimenticato, voleva farlo rivivere realizzando una mostra che potesse sensibilizzare gli abitanti della zona. “In soli 15 giorni ho così scarnificato completamente, sotto l’egida del Museo della Fauna dall’Università di Messina, la carne in decomposizione del capodoglio che giaceva in acqua a ridosso della costa. Mentre effettuavo questa operazione, ho avuto la possibilità di analizzare anche lo stomaco del capodoglio e con mio grande stupore e rammarico ho dovuto constatare che all’interno era presente molta plastica”.
Il Museo, insomma, facendo incontrare arte e scienza propone e promuove protezione ed educazione ambientale, con un messaggio volto a sensibilizzare soprattutto i più giovani alla tutela e salvaguardia del mare. Video didattici interattivi, realtà virtuale, realtà aumentata e installazioni artistiche multimediali permettono ai visitatori di conoscere il legame che unisce la vita sulla Terra al mare e riflettere sul rapporto uomo-mare. È possibile visitare virtualmente il Museo in qualsiasi parte del mondo attraverso il progetto ‘Let’s digitalize MuMa’ in partenariato con l’Ufficio Regionale UNESCO per la Scienza e la Cultura in Europa e con il supporto Gruppo Prada.
“Le attività si stanno sviluppando sempre meglio – racconta Isgrò – perché sono tantissime le scuole che vengono ogni giorno a visitare il MuMa e a fare lezioni educazione ambientale. Per noi le parole che vengono dai bambini e in generale dai visitatori sono il riconoscimento più grande. Siso è vivo grazie alle loro parole. Questo era il mio obiettivo: non rendere vana la sua morte. Far sapere a tutti come è morto per evitare che altre morti come la sua possano accadere. E attorno a questa attività sul territorio è cresciuta notevolmente la sensibilità. Si sono ormai moltiplicate gli eventi, a partire dalla raccolta di plastica in spiaggia, che tengono alta l’attenzione e la sensibilità e che attraverso questi temi fanno crescere la conoscenza e la cultura del mare”.
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