Kyle Morgan, Grocery Manager at MOM's Organic Market in Washington, DC, holds a dinner plate of whole mealworms and Moroccan crickets on April 12, 2017. The insects have been introduced for fine dining to US customers as a new form of sustainable protein available in grocery stores. Variations include mealworm Bolognese sauce, coconut Bugitos, cricket flour, cricket protein powder, and cricket cookies. (Photo by Paul J. RICHARDS / AFP)
Perché ai parigini piace l’insalata di alghe e tofu? Gli italiani saranno tentati di provare uno spiedino di scarabeo? Quanti giovani consumatori polacchi sono desiderosi di mangiare il paté di ceci? A queste domande ha cercato di rispondere un progetto internazionale guidato dai ricercatori dell’Università svizzera SWPS, che hanno analizzato l’atteggiamento dei consumatori europei nei confronti dei prodotti alimentari a base di proteine alternative.
Di fronte alla lotta contro il cambiamento climatico, sempre più persone modificano la propria dieta, rinunciando o limitando le fonti proteiche convenzionali (come manzo, pollo e latticini) a favore di quelle a minor impatto ambientale. Si tratta dei cosiddetti alimenti proteici alternativi (APF), che possono essere a base di legumi, alghe, funghi, crostacei e insetti.
I ricercatori della SWPS University, insieme a esperti di Germania, Danimarca, Grecia, Norvegia e Italia, si sono concentrati in particolare sui dati provenienti da Danimarca, Finlandia, Polonia, Repubblica Ceca, Italia, Spagna, Regno Unito e Germania.
Dallo studio emergono differenze sostanziali tra i Paesi. Così, ad esempio, molti consumatori valutano i prodotti ibridi, cioè quelli che combinano proteine convenzionali e alternative. Questa tendenza si osserva soprattutto tra i danesi, ma anche nel Regno Unito e in Spagna. Gli studi dimostrano, poi, che i consumatori polacchi e cechi hanno una minore conoscenza dei prodotti alimentari innovativi e una maggiore riluttanza ad adottare nuovi alimenti rispetto ai consumatori danesi e tedeschi. Tra i tedeschi, gli “innovatori alimentari” (cioè coloro che acquistano subito dopo l’uscita di vari alimenti innovativi) e i “primi seguaci” (coloro che acquistano dopo averci riflettuto un po’) costituiscono il 73% della popolazione. Ciò contrasta con i risultati osservati per i giovani di Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. In questi Paesi, gli “innovatori alimentari” e i “primi seguaci” costituiscono solo il 24-36% dei giovani consumatori.
Gli insetti, però, non piacciono molto. L’analisi mostra che gli europei sono riluttanti ad acquistare prodotti che li contengono. Solo il 18-22% dei consumatori del Regno Unito e della Spagna si dichiara disposto a comprarli, mentre svedesi e finlandesi si dichiarano più favorevoli rispetto a tedeschi e cechi. E in Italia? I consumatori della penisola sono molto meno propensi a scegliere questi prodotti rispetto a quelli dell’Europa settentrionale o occidentale (ad esempio, Danimarca e Belgio).
“La cultura alimentare e i modelli alimentari nel Nord Europa potrebbero essere cambiati negli ultimi decenni, mentre la cultura alimentare italiana è considerata una delle più forti in Europa. Qui la carne gioca un ruolo importante”, dicono i ricercatori.
Alcune città multiculturali e cosmopolite rappresentano un’eccezione. Ad esempio Parigi e Helsinki, più diversificate dal punto di vista etnico, tendono a mostrare livelli più elevati di accettazione dei nuovi cibi. Del resto, qui ci sono anche maggiori probabilità di avere ristoranti che offrono una cucina alternativa o che introducono nuove tendenze alimentari, comprese le proteine alternative. Nella capitale francese, ad esempio, il consumo medio di prodotte a base di alghe è superiore a quello di altre 5 città del Paese.
Gli autori dell’analisi sottolineano che i loro risultati possono aiutare a sviluppare strategie volte ad aumentare le scelte di questi cibi.
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