Prezzi in calo oltre le attese in Italia. Secondo le stime preliminari dell’Istat, a febbraio l’indice dei prezzi al consumo aumenta dello 0,1% su base mensile e dello 0,8% su base annua (come nel mese precedente). Le stime del mercato erano per un +0,3% mensile e un +0,9% annuale. “La stabilizzazione del ritmo di crescita dei prezzi al consumo si deve principalmente all’affievolirsi delle tensioni sui prezzi dei Beni alimentari, non lavorati e lavorati, i cui effetti compensano l’indebolimento delle spinte deflazionistiche provenienti dal settore dei beni energetici“, fa sapere l’Istat. “In particolare, si attenua la flessione su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici, che a febbraio risale al -17,3% (dal -20,5% di gennaio). Si riduce il tasso di crescita in ragione d’anno dei prezzi del ‘carrello della spesa’ (+3,7%), mentre l’Inflazione di fondo si attesta al +2,4% (da +2,7% del mese precedente)“, conclude l’istituto di statistica.
Con questi dati la stretta decisa dalla Bce, che ha portato e intende tenere anche durante la riunione di settimana prossima i tassi al 4,5%, è fra più le forti degli ultimi decenni. Una manovra di politica monetaria che non ha mandato il Pil in recessione – com’è accaduto in Germania – perché i fondi del Pnrr e l’attivismo dei servizi (turismo compreso) hanno garantito un incremento dell’attività economica nel nostro Paese. La forbice tra tra indice dei prezzi e costo del denaro si assesta al 3,7%, mentre i tassi sono superiori all’inflazione core – che esclude le voci volatili come energia e cibo – di oltre 2 punti percentuali, considerando appunto che l’indice di fondo è sceso al 2,4% annuale.
Il taglio dei tassi per l’Italia sarebbe quanto mai auspicabile, “in base ai dati”, come ama ripetere Christine Lagarde, presidente della Bce, per non rischiare un atterraggio duro dell’economia. Però la Banca Centrale non deve badare solo al nostro Paese ma ad altri 19 Stati. E nell’eurozona l’Inflazione annua ha rallentato al 2,6% a febbraio, in calo rispetto al 2,8% di gennaio, ma il dato è leggermente superiori alle attese di un +2,5%. Alimentari, alcol e tabacco hanno registrato il tasso annuo più elevato a febbraio (4% rispetto al 5,6% di gennaio), seguiti dai servizi (3,9% dal 4% di gennaio), beni industriali non energetici (1,6%, nei confronti del 2% di gennaio) ed energia (-3,7%, rispetto al -6,1% di gennaio. Il tasso annuale dell’inflazione ‘core’ nell’area euro è sceso anch’esso – per il settimo mese consecutivo – dal 3,3 al 3,1 per cento, percentuale più bassa da marzo 2022, tuttavia è stato superiore alle previsioni di mercato del 2,9%. In più la variazione mensile – più 0,7% mensile – è in risalita da tre mesi di fila.
Facendo un raffronto proprio sull’indice di fondo, meno volatile per eccellenza, in Italia a febbraio è 2,1 punti percentuali sotto il livello dei tassi di interesse, mentre nell’eurozona si ferma all’1,4%. Una sproporzione di trattamento che però difficilmente smuoverà la Bce, la quale con una disoccupazione ai minimi storici e l’economia che sta evitando la recessione non avrà fretta di tagliare i tassi poiché ha i fari puntati sui salari e l’inflazione dei servizi. La crisi del Mar Rosso? Per ora non pervenuta.
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