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Meno serenità e più pressione a mettere da parte delle risorse, anche a costo di una maggiore fatica. Nel 2025 la propensione psicologica a risparmiare si rafforza e cresce l’ansia da mancanza di risparmio, anche perché la capacità effettiva di accantonare si riduce: più famiglie consumano tutto il reddito o attingono ai risparmi, le famiglie che risparmiano sono il 41%, in contrazione rispetto al 46% del 2024, il dato più basso dal 2018. L’allarme lo lancia Acri nell’indagine realizzata con Ipsos in occasione della 101ª Giornata Mondiale del Risparmio.
Anche le aspettative per i prossimi 12 mesi, viene sottolineato, indicano una ulteriore compressione della capacità di risparmio. La conseguenza di questa crescente difficoltà a risparmiare, unita a una decisa volontà di farlo anche per le famiglie in difficoltà, determinano una capacità di affrontare spese di piccola entità (1.000€) per 3 italiani su 4, ma è sempre più ridotto il numero di famiglie (36%) che potrebbe assorbire senza problemi una spesa rilevante (10.000€). Il dossier restituisce una fotografia relativa al modo in cui gli italiani gestiscono e vivono il risparmio, alla luce del contesto Paese e della condizione socio-economica personale. In sintesi, il clima economico in Italia mostra segni di un generale peggioramento, rispetto al 2024, anno che aveva registrato un cauto ottimismo in continuità con il 2023, all’indomani di un pessimo 2022 (invasione dell’Ucraina, aumento del costo dell’energia e dalle ricadute pesanti sui prezzi). Il 2025 si caratterizza per un quadro “a due velocità”: resta diffuso il pessimismo sull’andamento dell’economia italiana ed europea, ma si attenua il pessimismo rispetto al futuro del proprio territorio.
La fiducia dei consumatori flette rispetto all’autunno 2024, mentre il mercato del lavoro dà segnali favorevoli (disoccupazione in calo), ma non sufficienti a compensare i timori. Sul piano personale si evidenzia una spaccatura, quasi 4 italiani su 10 ritengono possibile migliorare la propria situazione nei prossimi anni, gli altri non vedono miglioramenti, quando non temono dei peggioramenti. Ne deriva una maggiore prudenza nella gestione economica, con un rafforzamento del risparmio precauzionale, consumi più selettivi e preferenza per la liquidità. Aumentano gli insoddisfatti della propria situazione economica; il 57% delle famiglie dichiarano un tenore di vita peggiorato o ravvisano delle difficoltà, contro un 43% che ha sperimentato miglioramenti o tranquillità. Per quanto riguarda le aspettative dei prossimi 3 anni, la situazione personale divide gli italiani tra un 38% di ottimisti, un 39% che non vedono cambiamenti, e un 16% di seriamente preoccupati. I pessimisti sull’Italia sono il 53% a fronte di un 19% di ottimisti, mentre riguardo il proprio territorio i pessimisti scendono al 28%, bilanciati da un 26% di ottimisti.
Riguardo le attese circa l’economia europea e mondiale, si registra un ulteriore peggioramento rispetto all’anno precedente; per l’Europa il saldo tra chi si attende un miglioramento e chi prevede un peggioramento scende a -24 punti (da -16 nel 2024), per l’economia mondiale il saldo si attesta a -15 punti (-11 nel 2024; -16 nel 2023). Cresce infatti la quota di famiglie che dichiarano di essere state colpite da difficoltà lavorative in qualcuno dei componenti (29% nel 2025, dal 21% nel 2024), spesso per aver perso il posto di lavoro o per un peggioramento delle condizioni contrattuali e/o retributive. La conseguenza della crescente difficoltà a risparmiare, unita a una decisa volontà di farlo anche per le famiglie in difficoltà, determinano una capacità di affrontare spese di piccola entità (1.000 euro) per 3 italiani su 4, ma è sempre più ridotto il numero di famiglie (36%) che potrebbe assorbire senza problemi una spesa rilevante (10.000 euro). Riguardo i consumi si osserva una contrazione sia dei beni voluttuari sia di quelli essenziali. Il profilo di consumo delle famiglie si fa più difensivo: si riducono alcune voci essenziali (beni di base, salute), si blocca il recupero delle spese per la “cura di sé” (vestiario, estetica, sport), si contraggono le spese del “fuori casa” (ristorazione, viaggi) e quelle culturali (lettura, cinema, teatro, musei); tengono le spese per auto e spostamenti, telefonia e internet ed elettronica ed elettrodomestici. In generale nessuna categoria è sostanzialmente in crescita rispetto al 2024 e rispetto al 2023 sono quasi tutte in contrazione. Anche dal punto di vista finanziario prevale la cautela e si riduce la ricerca di investimenti finanziari.
Il portafoglio delle famiglie resta ancor più fortemente ancorato alla liquidità; il 64% degli italiani preferisce mantenere buona parte delle proprie riserve in liquidità. La quota di risparmiatori che preferisce investire è minoritaria (circa un terzo) e, quando lo fa, privilegia strumenti semplici e percepiti come sicuri. Il possesso di prodotti finanziari è stabile nel tempo e mediamente poco diversificato. Le preferenze di investimento segnalano un parziale ritorno all’immobiliare e un arretramento sia della domanda di strumenti “sicuri” sia degli strumenti più rischiosi, mentre cresce la quota di coloro che non sanno indicare un investimento idoneo per le caratteristiche della loro famiglia. Chi investe lo fa prevalentemente perché ha in mente un progetto futuro (22%), oppure per accrescere il valore del capitale (21%), o difenderlo dall’inflazione (19%), nonché per tutelare i propri familiari in futuro (11%). Altri investono per evitare di spendere troppo (8%), o perché si rendono conto che i soldi sul conto corrente non danno alcun vantaggio (9%). Cambia il “come” si decide un investimento: meno spazio per investimenti con ricadute sociali o per l’economia italiana, cresce l’attenzione alla rischiosità, aumenta la propensione al rendimento, mentre rimane stabile l’attenzione al soggetto proponente. Quindi sale l’attenzione al rendimento, senza derogare alla logica di contenimento del rischio, mentre hanno minore rilevanza gli investimenti ESG (14% vs 20% nel 2024). Risulta molto rilevante il ruolo sociale e collettivo del risparmio, che attutisce l’impatto sul Paese delle crisi globali (67%), riduce la dipendenza dalle risorse estere (63%), permettendo maggiori investimenti in settori strategici (56%), e fornisce una migliore stabilità al sistema bancario (56%). Il risparmio gioca un ruolo nell’inclusione sociale poiché accumulare risorse consente a chi risparmia di raggiungere l’indipendenza economica (34%), permette di tutelare il proprio stato di salute (23%) e anche di sostenere i propri cari che dovessero attraversare un momento di difficoltà (23%), accrescendo quindi l’efficacia delle reti sociali. Facilita anche la possibilità di maggiore istruzione e di stabilizzazione di individui e famiglie attraverso l’acquisto di una casa. Secondo Acri, per svolgere appieno il suo ruolo, il risparmio avrebbe bisogno di una fiscalità “amica” del risparmiatore, aspetto citato da 32% degli italiani, al contempo sarebbe necessario sviluppare una maggiore cultura finanziaria (27%) e avere prodotti semplici, adatti ai tempi, fruibili da tutti (27%). La fiducia degli italiani nei confronti di leggi e strumenti a tutela del risparmio è in crescita, e raggiunge quasi 1 italiano su 2. Il legame tra sostenibilità economica e sociale è molto rilevante (72%), ma si riducono coloro che lo indicano come priorità (erano il 55% nel 2024, ora sono il 49%).
Il quadro che si delinea è quello di un contesto di crescente incertezza, che si riflette in un maggior timore per il futuro del Paese. Un sentiment che incide su consumi, propensione e capacità di investimento e sulle scelte di portafoglio. Il risparmio, tuttavia, resta uno strumento fondamentale di tutela delle famiglie e, se ben tutelato e indirizzato, può diventare anche il motore della crescita del Paese.
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