Con dazi, caro energia e tensioni geopolitiche la crescita dell’Italia si dimezza

I dazi sono un forte fattore di rischio, ma anche l’energia è una catena al piede della crescita per l’Italia. È scritto nero su bianco nel Documento di finanza pubblica trasmesso al Parlamento, che prevede una crescita dello 0,6% nel 2025, 0,8% nel 2026 e 0,8% nel 2027, dunque dimezzata rispetto alle precedenti previsioni. I cambiamenti del quadro geopolitico e gli stop and go da parte del presidente Usa, Donald Trump, “hanno causato un elevato grado di incertezza e una forte turbolenza nei mercati finanziari”, scrive il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti nella relazione che apre il Dfp. Che ascrive a fattori come “il costo dell’energia, la crisi dell’industria automobilistica, la flessione della produzione industriale in Germania e la caduta della domanda interna cinese” le cause della debolezza del settore manifatturiero.

Nelle analisi di rischio, il governo prevede uno scenario molto negativo con “un ulteriore inasprimento delle tensioni nei rapporti commerciali tra le diverse aree” dovuto all’attivazione del cosiddetto ‘bazooka’ dei contro-dazi europei. In questo caso “si ipotizza, nel 2025 e 2026, un rallentamento rispetto allo scenario di riferimento della domanda estera pesata in base agli scambi con l’Italia, che aumenterebbe dell’1,5% (invece del 2) nel 2025 e dell’1,4 (invece del 2,3) nel 2026. Successivamente, la dinamica del commercio mondiale riacquisterebbe vigore, con un tasso di crescita del 3,5 per cento nel 2027 e del 3,3 nel 2028”.

Un lasso di tempo molto (forse troppo) ampio per lasciare dormire sonni tranquilli al nostro Paese. Il secondo scenario, poi, si basa sulle simulazioni relative ai tassi di cambio: “Nel 2025 ci sarebbe un deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro rispetto all’anno precedente minore rispetto a quanto prospettato nello scenario di base (2,4% invece del 3,1). Nel 2026 ci sarebbe invece un apprezzamento del 2,1 della valuta europea nei confronti del dollaro”.

La terza ipotesi, invece, prefigura un aumento delle materie prime energetiche, in particolare petrolio e gas, rispettivamente di 10 dollari e 10 euro. In tutti e tre i casi, il risultato è un calo del Prodotto interno lordo che oscilla dallo 0,1 allo 0,2 percento. E’ corposo il capitolo dedicato alle tariffe sulle importazioni che Trump ha annunciato e poi sospeso per 90 giorni. Gli effetti sull’Italia sarebbero molto impattanti, infatti. Secondo le stime del Dfp calcolate sulla previsione di imposizioni al 25% per Messico e Canada sulle merci non incluse nell’accordo Usmca, 54 punti per Cina, 20 per l’Ue e 10 per il Regno Unito, il nostro Pil calerebbe dello 0,3% nell’anno in corso, dell’1,3 nel 2026 e addirittura dell’1,5 percento nel 2027.

Il Documento, ovviamente, prende in considerazione anche il rapporto debito/Pil tra le principali variabili di finanza pubblica. L’analisi sugli scenari di rischio mette al centro gli shock macroeconomici che “si riflettono sull’andamento della finanza pubblica secondo ipotesi standard di sensitività”. I numeri non sono affatto favorevoli all’Italia, che vedrebbe lievitare i tassi al 136,7% quest’anno, al 138,1 il prossimo e al 138 nel 2027, rispetto allo scenario base di 136,6 percento nel 2024, 137,6 nel 2026 e 137,4 nel 2027. Nel Dfp c’è anche la variabile dei cambiamenti climatici, che incidono eccome sull’andamento della crescita. Ma il governo sottolinea come “i progressi nell’avanzamento della transizione ecologica e degli investimenti del Pnrr sono allineati con le raccomandazioni dell’Ocse riguardo l’accelerazione della riduzione delle emissioni climalteranti”. Il Mef ricorda come vanno “valorizzati gli sforzi tuttora in corso per il raggiungimento degli obiettivi del Piano nazionale integrato energia e clima, il potenziamento del trasporto pubblico e delle soluzioni di mobilità sostenibile, ma anche la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi e le azioni di mitigazione e adattamento” al climate change.

Assieme al testo depositato alla Camera, c’è anche la lettera di validazione e la nota esplicativa dell’Ufficio parlamentare di bilancio, “in quanto tale quadro per l’economia italiana è ricompreso in un intervallo accettabile relativamente alle principali variabili macroeconomiche in tutto l’arco previsivo”. Le previsioni del Documento di finanza pubblica, ad ogni modo, “sono validate assumendo la piena e tempestiva realizzazione dei progetti del Pnrr e le ipotesi del ministero dell’Economia sul contesto internazionale, scosso da recentissimi eventi, che potrebbero avere un impatto significativo anche sull’economia italiana, al momento non ragionevolmente quantificabile”. Ergo, “l’incertezza che caratterizza le previsioni è quindi straordinariamente elevata, i rischi sono nettamente orientati al ribasso”. Ma questa è la fase che vive il mondo e anche l’Italia si sta organizzando.

mariaelena.ribezzo

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