Il governo aveva garantito che a stretto giro di posta sarebbero arrivate nuove risorse per l’ex Ilva e così è stato. Nel decreto Agricoltura ci sono i 150 milioni di euro promessi dal ministro delle Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, durante l’ultimo incontro con i sindacati e la struttura commissariale, della scorsa settimana a Palazzo Chigi. Per “assicurare la continuità operativa degli impianti“, si legge nel testo approvato dal Consiglio dei ministri: si tratta di risorse non impegnate per progetti di decarbonizzazione, “fino a concorrenza dell’ammontare delle spese e dei costi sostenuti per l’attuazione e la realizzazione di interventi volti ad assicurare la continuità operativa degli stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale e la tutela dell’ambiente, della salute e della sicurezza dei lavoratori addetti ai predetti stabilimenti“.
Una scelta che, però, fa saltare la mosca al naso delle opposizioni. “Sembra impossibile, ma nel 2024 ci ritroviamo davanti a un governo che continua a buttare fumo negli occhi di cittadini e lavoratori sulla vicenda ex Ilva“, attacca il vicepresidente dei Cinquestelle, Mario Turco. “Forse Giorgia Meloni e Adolfo Urso non si sono resi conto di una grande verità: Taranto non abbocca più. Quando il ministro annuncia su Il Sole 24 Ore che, per garantire la continuità del siderurgico, giungeranno 150 milioni di euro, non sa che la comunità è ben consapevole dell’origine di tale somma. L’operazione ordita in tal senso è di una disonestà clamorosa: si vogliono utilizzare le risorse sequestrate ai Riva e destinate alle bonifiche, per continuare a inquinare senza la minima idea di dove sia diretto quel rudere di fabbrica, sempre più pericoloso per chi ci lavora e per chi ne subisce i danni ambientali e sanitari“, rincara la dose. “Non c’è limite al peggio – sostiene Ubaldo Pagano (Pd) -. Il governo Meloni, completamente a corto di risorse, sta per togliere 150 milioni di euro dal cosiddetto ‘patrimonio destinato’ per tappare i buchi della nuova gestione commissariale. Che detto in soldoni vuol dire togliere le risorse sequestrate ai Riva e destinate alle bonifiche da farsi per recuperare un territorio sacrificato sull’altare di una produzione altamente dannosa per l’ambiente e la salute dei cittadini tarantini“.
Nel decreto c’è anche il rafforzamento della prevenzione del rischio incendi, che contemperando le esigenze di sicurezza con quelle di continuità degli impianti – sottolinea il Mimit -, dispone un rinvio di 48 mesi per la definitiva trasmissione del rapporto di sicurezza. Vengono introdotte norme che supportano l’operatività dei Vigili del fuoco, anche tramite una più rapida immissione in servizio delle figure professionali essenziali alle attività di coordinamento delle squadre di intervento.
Intanto i sindacati tornano a far sentire la propria voce alla vigilia dell’incontro che si terrà oggi, 7 maggio, in Confindustria, con i commissari straordinari dell’ex Ilva. “Le lavoratrici e i lavoratori da troppo tempo pagano gli effetti della malagestione dell’ex Ilva con la cassa integrazione e i mancati investimenti che interessano tutti gli stabilimenti, da Taranto a Genova, passando per Novi Ligure, Racconigi e gli altri siti della Lombardia, del Veneto e della Campania“, dice il coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil, Loris Scarpa. “Ci aspettiamo che finalmente vengano forniti dati certi sugli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e sui tempi delle iniziative di rilancio della produzione e della decarbonizzazione, che non possono più essere rinviati“. Per il segretario nazionale della Uilm, Guglielmo Gambardella, “senza un chiaro piano di rilancio della produzione di tutti gli stabilimenti e la garanzia dell’intera occupazione, compresa quella dell’indotto e dei lavoratori in Ilva Aa, è difficile proseguire un vero confronto“. Perché “nell’ultimo incontro a Palazzo Chigi abbiamo già dichiarato la nostra insoddisfazione sulle linee guida del piano industriale e domani ci attendiamo un incontro concreto per conoscere tempi, modalità e risorse per la ripartenza degli impianti e il ritorno al lavoro dei tremila attualmente in cassa integrazione“.
Sulla stessa lunghezza d’onda si sintonizza anche la Fim Cisl: “Non ci aspettiamo promesse mirabolanti per il prossimo decennio, saremmo ipocriti, ci attendiamo concretezza su quelli che sono i temi urgenti che riguardano i lavoratori e la fabbrica e che sono stati lasciati in sospeso per troppo tempo“, dichiara il segretario nazionale, Valerio D’Alò. Che aggiunge: “Chiediamo di far chiarezza su cose semplici ma fondamentali nell’immediato, a partire da un piano chiaro e dettagliato di quali manutenzioni dovranno essere svolte nelle prossime settimane, su quali impianti e quali ricadute avranno sulla produzione e il riavvio degli stessi una volta messi in condizione di lavorare“.
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