Frena caduta prezzi del petrolio. Opec potrebbe aumentare tagli

Il mondo occidentale nell’ultimo anno e mezzo ha fatto i conti con shock energetici che non viveva da circa mezzo secolo, anche in seguito all’invasione russa dell’Ucraina con relative sanzioni, e ha accelerato verso la transizione energetica, cosa che ha spinto l’Opec a ridurre la produzione di greggio per tener su il prezzo. Il resto del globo invece cerca di portare avanti investimenti sulle rinnovabili senza tuttavia rinunciare al greggio o al carbone. In questo quadro, dopo un rally estivo del prezzo dell’oro nero che puntava verso i 100 dollari al barile, da ottobre è iniziata una violenta discesa del petrolio, complice un rallentamento dell’economia occidentale colpita dai tassi alti, di quella cinese in sofferenza per la crisi immobiliare e da un incremento della produzione soprattutto Usa. E ora pure l’Opec non appare più così granitico, anzi. Ieri si sarebbe dovuto tenere il vertice clou in presenza dei Paesi esportatori di greggio a Vienna per fissare le quote di produzione per l’anno prossimo, ma l’incontro è stato rinviato a giovedì – primo giorno della Cop28 negli Emirati – e sarà pure virtuale. Le divisioni all’interno dell’organizzazione aumentano. “L’Opec+ si trova ad affrontare una difficile situazione della domanda e dell’offerta di petrolio nel 2024 e le sue decisioni del 30 novembre mostreranno come intende affrontarla, almeno a breve termine, riducendo ulteriormente l’offerta di petrolio o riducendo ulteriormente l’offerta di petrolio. rischiando una reazione dei prezzi, a parità di altre condizioni“, hanno affermato gli analisti di S&P Global Commodity Insights.

L’Opec+ (allargato alla Russia) deve gestire l’impatto della crescente crescita della produzione di greggio non Opec (americana in primis) nonché dei deboli dati economici, in particolare nel principale mercato di esportazione, la Cina. Molteplici sono i punti di contesa, portati avanti da Emirati Arabi Uniti, Paesi dell’Africa occidentale e forse l’Iraq. In particolare Nigeria e Angola vorrebbero aumentare le loro quote di produzione in modo da poter vendere più greggio. L’Opec+ aveva già raggiunto un accordo provvisorio sulle nuove quote per il 2024 durante l’ultima riunione ministeriale plenaria di giugno. Ciò includeva l’aumento della quota degli Emirati Arabi Uniti, ma il taglio degli obiettivi di produzione per alcuni produttori africani, tra cui appunto Angola e Nigeria, oltre che per i produttori più piccoli, come Repubblica del Congo e Guinea Equatoriale. Ai membri africani era stato comunque concesso tempo fino alla riunione di novembre per dimostrare una capacità produttiva significativamente più elevata ed evitare declassamenti delle quote. Nonostante non siano riusciti a farlo, negli ultimi giorni questi membri si sono però opposti ai tagli delle quote che indeboliscono gli investimenti.

In queste ore le diplomazie sono in ogni caso al lavoro per limare le divergenze, anche se la la questione più importante è se l’Arabia Saudita rinnoverà i tagli alle forniture di 1 milione di barili al giorno e l’impatto sui prezzi se decide di non farlo. C’è anche la possibilità di tagli più profondi… “Le aspettative sono che l’Arabia almeno prorogherà il suo ulteriore taglio volontario di 1 milione di barili al giorno nel prossimo anno“, hanno scritto in una nota il responsabile della strategia sulle materie prime di Ing, Warren Patterson, e la strategist delle materie prime, Ewa Manthey . “Chiaramente, se non lo vedessimo, ciò eserciterebbe un’ulteriore pressione al ribasso sul mercato, dato il surplus nel primo trimestre del 2024. Riteniamo che i sauditi rinunceranno a questo taglio e c’è una crescente possibilità di vedere un taglio più profondo da parte del gruppo più ampio”. “L’Arabia Saudita e gli altri membri dell’Opec+ vorranno evitare qualsiasi disunione”, ha poi detto a Bloomberg Vivek Dhar, analista della Commonwealth Bank of Australia.  “L’Opec+ dovrà dar prova di una significativa disciplina dell’offerta, o almeno di una tale capacità, per alleviare le preoccupazioni del mercato di un profondo surplus nei mercati petroliferi il prossimo anno”.

C’è infine un’altra questione controversa: il gruppo darà una risposta coordinata alla guerra tra Israele e Hamas? L’Iran aveva chiesto un embargo sulle esportazioni di petrolio verso Israele. Nonostante altri Paesi dell’Opec abbiano dichiarato di non sostenere l’embargo, il conflitto è osteggiato da parecchi Stati del Medio Oriente. Anche le trattative per un cessate il fuoco nel conflitto si trovano ora in un momento critico e i combattimenti attivi aumentano il rischio di una maggiore risposta internazionale. Il ministro del Petrolio iraniano, Javad Owji, aveva dichiarato pochi giorni fa che la situazione minaccia la stabilità del mercato e “ciò mette a repentaglio la sicurezza dell’approvvigionamento energetico e lo sviluppo sostenibile dell’industria energetica”. Intanto il prezzo del petrolio resta debole, sommerso da un record storico di posizioni ribassiste, col Wti attorno ai 75 dollari al barile e il Brent sugli 80. Però il crollo sembra essersi fermato, ulteriori tagli non previsti potrebbero riaccendere la corsa dell’oro nero.

Valentina Innocente

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