In qualità di Presidente di Federacciai ho avuto l’onore e il privilegio di essere invitato dal Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani alla cena tenuta giovedì sera scorso a Villa Madama in onore del Ministro degli Esteri dell’India Subrahmanyam Jaishankar.
È stata una serata particolarmente interessante perché abbiamo potuto ascoltare dalla viva voce del Ministro degli Esteri indiano come si pone oggi quel grande Paese asiatico nel contesto internazionale, anche alla luce delle due gravi crisi che sono in corso, Ucraina ed Israele.
Jaishankar è un uomo molto sofisticato. Cresciuto in una delle più importanti famiglie dell’establishment Hindu Tamil indiane, ha fatto scuole superiori negli istituti formativi delle forze armate per laurearsi in chimica all’università di Delhi. Successivamente ha preso un PhD in relazioni internazionali alla Jawaharlal Nehru University.
Ha avuto una lunghissima carriera diplomatica con incarichi di grande rilievo, che lo hanno visto anche Ambasciatore d’India prima in Cina e poi negli Stati Uniti d’America. Ha maturato quindi un’esperienza internazionale di altissimo livello che fa di lui uno degli interpreti più importanti e più influenti del nuovo ruolo dell’India nel mondo globale.
Così come aveva già fatto nel pomeriggio al Senato dinanzi alle Commissioni Affari Esteri, Difesa e Politiche Europee in seduta congiunta, anche nell’incontro conviviale della sera il Ministro Jaishankar ha sottolineato l’ottimo rapporto esistente tra India ed Italia affermando che questo rapporto “può” diventare più forte e può crescere anche perché molte delle grandi iniziative che l’India ha intrapreso sono sostenute dall’Italia.
Due sono le grandi questioni che mi hanno colpito nel discorso che il Ministro indiano ha fatto a Villa Madama rispondendo alle domande dei commensali.
La prima riguarda lo standing e l’importanza dei progetti messi in campo dalla “nuova India” sempre più lanciata nell’innovazione tecnologica e negli accordi internazionali che la promuovono: dall’espansione serrata della sua rete di telefonia mobile di quinta generazione (5G), alla produzione di vaccini per il mondo, allo sviluppo sempre più intenso di piattaforme digitali e della intelligenza artificiale.
Dalle sue parole molto misurate e dette senza arroganza traspariva la piena consapevolezza che l’India, con i suoi 1,4 miliardi di abitanti e la sua forza economica e tecnologica, è oramai una grande potenza mondiale.
La seconda questione, altrettanto importante ai miei occhi, è la collocazione internazionale dell’India negli equilibri competitivi della nuova geopolitica globale.
Da questo punto di vista, come è stato giustamente rilevato da molti osservatori, il conflitto in Medio Oriente ha confermato la confrontation asiatica tra India e Cina che, anche in questo caso, hanno rimarcato la loro distanza strategica e la loro competizione.
Infatti la Cina di Xi Jinping ha assunto una posizione fortemente filo-palestinese senza mai condannare Hamas per gli attentati e le atrocità commesse e ha attaccato duramente la reazione militare israeliana. L’India di Modi invece non ha esitato a prendere posizione a fianco del governo di Gerusalemme con una durissima condanna degli attentati terroristici e un dichiarato sostegno e vicinanza a Israele.
Questa differenza di postura internazionale dei due grandi Paesi asiatici va attentamente analizzata perché avrà grandi effetti sul determinarsi e sul consolidarsi dei nuovi equilibri globali.
Non c’è solo il pur importante confronto tra democrazie e autocrazie, anche se occorre sempre ricordare che l’India è la più grande democrazia del mondo.
Più in generale vi è anche il delinearsi di nuovi schieramenti internazionali all’interno dei quali è vitale per l’Occidente non essere più solo a partire dall’area indo-pacifica.
La Cina oggi è di fatto il principale alleato di Mosca e di Teheran. Le prove di ciò sono molteplici: l’annuncio di un’amicizia senza limitazioni con la Russia annunciata da Xi Jinping a poche ore dall’invasione dell’Ucraina, la crescente cooperazione tecnologica, militare e di intelligence tra i due Paesi, le triangolazioni che sembrano ben funzionare tra Corea del Nord ed Iran per armare Hezbollah, le migliaia di tonnellate di armamenti inviati dalla Corea del Nord alla Russia lungo le ferrovia transiberiana con il placet di Pechino, le forniture di greggio fra Cina e Iran, Iran che è il primo fornitore di droni alla Russia per colpire l’Ucraina.
L’India, come solennemente annunciato nell’ultimo G20 a Dehli, si candida ad essere sempre di più un ponte fra il sud del mondo e l’Occidente. Le vecchie posizioni di “paese non allineato” sembrano oramai un lontano ricordo e probabilmente anche per l’influenza su Modi di Jaishankar, profondo conoscitore degli Usa, si sta inaugurando una nuova stagione di convergenza strategica con Stati Uniti, Europa, Israele e le democrazie dell’indo-pacifico in particolare Giappone e Australia.
Questa convergenza avrà grande importanza e significative ricadute anche per l’Italia e per la sua proiezione mediterranea.
Il progetto così detto “India-Middle East-Europe economic corridor” (IMEC) lanciato sempre in occasione del G20 a Delhi, potrebbe diventare un asse importante dell’integrazione tra le economie del Mediterraneo e quelle dell’Indo-Pacifico lungo un percorso marittimo e ferroviario tra India, Emirati, Arabia Saudita, Israele e Mediterraneo.
Tale corridoio ha un perno centrale nel porto di Haifa nel quale un importante gruppo economico indiano ha già fatto ingenti investimenti.
L’IMEC potrebbe diventare la vera alternativa alla cinese via della seta, ipotesi che peraltro si sta vieppiù indebolendo proprio perché le grandi vie del commercio internazionale saranno sempre di più quelle tra Paesi amici capaci di garantire la sicurezza delle supply chain. Anche alla luce di ciò si comprende l’enorme importanza strategica degli accordi di Abramo allargati all’Arabia Saudita. L’azione di Hamas con il sostegno dell’Iran, tra gli altri obiettivi, ha anche quello di impedire la realizzazione di questo accordo.
La posizione della democrazia indiana e il suo approccio strategico sono una buonissima notizia per l’Occidente perché dimostrano che è possibile un’alleanza e una convergenza di principi e di interessi economici tra Paesi che non si vogliono arrendere a un nuovo ordine mondiale basato sul caos e sul rifiuto e la cancellazione dei valori democratici.
Sentire parlare di tutto ciò così autorevolmente a Roma, in sede ufficiale, mi sembra sia molto importante per l’Italia e per il nostro ruolo nel Mediterraneo riproposto, proprio nelle stesse ore della visita del Ministro degli Esteri indiano, dalla decisione del Consiglio dei Ministri di lancio del piano Mattei di cui oggi si hanno la cornice e le direttrici. Ora bisogna riempirlo di contenuti concreti.
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