Nel 2021 l’indice dei prezzi agricoli mondiali della Fao era a 125,8, cifra che era salita a marzo 2023 a 128,2 per poi scendere (nonostante il +1,1% mensile dopo sette mesi consecutivi di cali) a 118,3 punti a marzo. In pratica le quotazioni agro-alimentari globali ufficialmente costano il 7,7 per cento in meno nei confronti dello stesso periodo dello scorso anno e un -6% rispetto a tre anni fa.
Tuttavia negli ultimi tre anni l’indice PriceStats Daily World Food Inflation Index – realizzato da State Street – fa vedere che gli alimentari, al dettaglio sono rincarati del 24%, passando da un punteggio di 132,7 del marzo 2021 a quasi quota 165 al termine dello scorso mese. Quello di State Street è un indice composito per Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Spagna, Grecia, Canada, Australia, Giappone, Corea del Sud, Russia, Sud Africa, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Uruguay, Turchia e Argentina. L’indice utilizza la componente alimentare e delle bevande analcoliche non destagionalizzata dell’inflazione di ciascun Paese, con ponderazioni basate sulla spesa per consumi finali delle famiglie del 2010, in dollari correnti, dalla Banca Mondiale. Vedendo il grafico, il PriceStats Daily World Food Inflation Index, non sembra dare segni di inversione. Sale. Il contrario della traiettoria intrapresa dai prezzi agricoli globali. Il +1,1% registrato a marzo, in leggero rialzo secondo quanto riferito dalla Fao, è appunto comunque nettamente a un livello più basso rispetto a un anno fa o a tre anni fa, prima della fiammata mondiale sui prezzi.
L’aumento di marzo è stato trainato – sottolinea la Fao – principalmente dagli oli vegetali, che hanno registrato un aumento sostanziale nei prezzi a livello globale. In particolare, i prezzi dell’olio di palma, soia, girasole e colza hanno mostrato una ripresa notevole, raggiungendo il massimo di un anno. Questo rimbalzo è stato influenzato da diversi fattori, tra cui una produzione stagionalmente inferiore nei principali paesi produttori, una domanda interna stabile nel sud-est asiatico e una forte domanda da parte del settore dei biocarburanti, soprattutto negli Stati Uniti e in Brasile. Contrariamente alla tendenza positiva degli oli vegetali, i prezzi dei cereali hanno continuato a registrare un calo, guidato principalmente da una forte concorrenza tra i principali esportatori, come l’Unione Europea, la Russia e gli Stati Uniti, unito alle prospettive favorevoli per il raccolto 2024 in queste regioni. Inoltre, l’annullamento degli acquisti di grano da parte della Cina, insieme alle difficoltà logistiche in Ucraina, ha esercitato una pressione al ribasso sui prezzi.
Passando ai lattiero-caseari, l’indice Fao dei prezzi ha registrato un aumento modesto a marzo, con una tendenza positiva per il formaggio, ma una diminuzione per il latte intero in polvere e il latte scremato in polvere, principalmente a causa di una domanda globale di importazioni contenuta e un calo stagionale della produzione in Oceania. Infine, per quanto riguarda la carne, i prezzi hanno mostrato variazioni, con aumenti per il pollame e la suina, ma diminuzioni per la carne ovina. Queste fluttuazioni sono state influenzate da una serie di fattori, tra cui la domanda di importazioni da parte dei principali paesi importatori, le riduzioni dei focolai di influenza aviaria e le condizioni climatiche siccitose che hanno influenzato negativamente il raccolto in Brasile.
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