La complessa situazione geopolitica ed economica globale fa sentire i suoi effetti sul clima di fiducia delle imprese piemontesi che, per il quarto trimestre dell’anno, dopo il rallentamento registrato a giugno, manifestano prudenza riguardo ai principali indicatori. Gli industriali piemontesi si dicono ‘preoccupati‘ dei valori negativi registrati da produzione, ordini e redditività e dell’ulteriore calo delle previsioni sulle esportazioni, così come emerge dalla consueta indagine trimestrale realizzata a settembre da Unione Industriali Torino e Confindustria Piemonte e condotta su un campione di oltre 1.340 realtà manifatturiere e dei servizi.
Nel dettaglio, il 19,4% delle aziende prevede un aumento dei livelli di attività, contro il 21,3% che si attende una diminuzione. Il saldo ottimisti-pessimisti è pari a -1,9% (era -0,1% a giugno). Stesso trend per le attese sugli ordini, con un saldo del –5,5% in calo di quasi 4 punti percentuali rispetto alla scorsa rilevazione. Come negli ultimi 6 trimestri, restano negative le aspettative sull’export, con un saldo ottimisti-pessimisti pari a -8,8%. In calo il livello degli investimenti, che interessano oggi il 23,5% delle rispondenti (era il 25,9% a giugno). Aumenta il ricorso alla cassa integrazione, utilizzata dall’11,5% delle imprese. Stabile il tasso di utilizzo di impianti e risorse, tornato sui valori medi di lungo periodo (77%).
Per la prima volta si azzera la tradizionale forbice dimensionale, che vedeva le grandi imprese esprimere attese più positive, rispetto a quelle di minori dimensioni: nella rilevazione di settembre, infatti, registrano un saldo negativo sia le grandi imprese (-1,7%), sia le piccole (-1,9%). In controtendenza le attese delle imprese torinesi, pur registrando un rallentamento, risultano più favorevoli rispetto a quelle dell’intero campione piemontese, almeno per alcuni indicatori. Le previsioni di occupazione e produzione sono ancora positive anche se, differenziando per settore, si osserva una dicotomia tra un terziario in espansione e una manifattura ancora in rallentamento.
“La situazione è complessa”, ammette il presidente degli industriali torinesi Marco Gay. “Ci troviamo ad affrontare una difficoltà profonda, legata alla frenata delle economie tedesca e francese e le incertezze geopolitiche”, spiega auspicando “la piena efficienza del piano Transizione 5.0”, insieme a un’accelerazione della fase decisiva per il Pnrr e ai grandi progetti infrastrutturali. Per Andrea Amalberto, presidente di Confindustria Piemonte, si rende necessaria “una sterzata importante da parte delle istituzioni” perché noi “siamo impegnati a tutti i livelli, regionale, nazionale, europeo, per cercare di presidiare una situazione che è difficile”. Però, ribadisce, “dobbiamo credere che cambiare sia possibile, e lavorare per cercare di invertire questa tendenza”.
A pesare, ovviamente, in un territorio come quello del torinese, è la crisi del settore dell’automotive con ripercussioni sull’indotto. Torino, come è noto, subisce più di altre aree “perché le imprese sono coinvolte nelle filiere con tutti i principali carmaker, non solo Stellantis” e allo stesso tempo “non è una buona notizia che i primi paesi nostri target come Francia e Germania siano in difficoltà, quasi al limite della recessione per quanto riguarda Germania”. Per Gay, infatti, la crisi non è solo di Torino o del Piemonte, ma si respira a livello globale. Per questo, serve un’azione europea forte sul modello di quanto fatto con il ‘Chip Act’. “Tutte le aziende del settore automotive sono in difficoltà – spiega – quello che è sostanziale è che oggi bisogna pensare di incentivare l’industria e quindi pensare a una sorta di automotive act, un mobility act a livello europeo, e questo deve andare però a concentrare investimenti su produzioni fatte nel nostro Paese e nel continente europeo”.
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