L’inflazione annuale nella zona euro è aumentata per il terzo mese consecutivo, raggiungendo il 2,4% a dicembre, ha comunicato Eurostat. Un dato preliminare in linea con le previsioni degli economisti. L’inflazione di base si è attestata invece al 2,7% per il quarto mese consecutivo, mentre l’inflazione dei servizi è cresciuta al 4% dal 3,9%. Ma “questo non impedirà alla Bce di tagliare ulteriormente i tassi di interesse”, ha affermato Jack Allen-Reynolds, vice capo economista della zona euro presso Capital Economics, intervistato dalla Cnbc. “L’alto livello di inflazione dei servizi è dovuto in parte a effetti temporanei che dovrebbero svanire quest’anno”.
Diverso il discorso in Italia. Secondo le stime preliminari dell’Istat, l’inflazione in Italia si conferma stabile con un incremento mensile dello 0,1% e un aumento annuo dell’1,3%, in linea con i dati di novembre. Tuttavia, sebbene l’inflazione resti contenuta rispetto ai tassi elevati del 2023, i dati mostrano segnali di persistenza in alcuni settori, in particolare nei beni alimentari. Nel corso del 2024, l’inflazione ha comunque registrato un forte rallentamento scendendo al +1% dal +5,7% del 2023. Questa frenata è stata in gran parte il risultato di una significativa discesa dei prezzi dell’energia, -10,1%, rispetto a un +1,2% nell’anno precedente. La dinamica dei prezzi alimentari è invece rimasta ancora sostenuta, con un incremento del 2,3% rispetto al +9,8% del 2023.
Nel dettaglio, l’inflazione di fondo (cioè quella al netto dei beni energetici e alimentari freschi) ha registrato un +2%, in frenata rispetto al 5,1% dell’anno precedente. Questo dato indica una certa stabilità, ma riflette anche andamenti contrastanti nei vari settori. I prezzi degli alimentari non lavorati, ad esempio, hanno rallentato la loro crescita, passando dal +3,8% al +2,5%, mentre i beni durevoli hanno visto una flessione più marcata, passando da -1,3% a -1,9%. Tuttavia, non si può ignorare che, nel comparto alimentare, i prezzi dei prodotti di consumo quotidiano sono aumentati considerevolmente. Ad esempio, nel mese di dicembre, il burro è aumentato del 20% rispetto all’anno precedente, mentre il cioccolato è salito del 9% e il caffè ha visto un incremento del 14,9%.
Anche il comparto energetico ha registrato dinamiche contrastanti. Scrive l’Istat: “I prezzi dell’energia elettrica nel mercato libero” rallentano il calo “da -13,2% a -12,0% con +0,4% da novembre. Al contrario, i prezzi del gas di città e gas naturale mercato libero accentuano la loro flessione (da -2,5% a -3,1%; -0,1% su base mensile)“, si legge nella nota diffusa da Istat. “Per quanto concerne la componente regolamentata, l’accelerazione tendenziale dei prezzi (da +7,4% a +11,9%; +0,8% sul mese) è essenzialmente influenzata dal rilevante aumento del ritmo di crescita a perimetro annuo del gas di città e gas naturale mercato tutelato (da +18,9% a +28,8%; +1,3% l’aumento mensile). I prezzi dell’Energia elettrica mercato tutelato, invece, continuano a rimanere stabili (a -7,8%; nullo il congiunturale)“, sottolinea l’istituto di statistica.
L’aumento dei prezzi energetici, sebbene contenuto rispetto ai picchi del 2022, potrebbe comunque avere impatti significativi sull’inflazione del 2025. Secondo le stime di Confesercenti, se i prezzi dei beni energetici dovessero risalire, l’inflazione potrebbe salire al +2,2% nel 2025. Una prospettiva che solleva preoccupazioni per le famiglie, le quali potrebbero trovarsi a dover affrontare ulteriori aumenti dei costi senza poterli compensare adeguatamente attraverso i rinnovi contrattuali. E le imprese, in particolare quelle che dipendono dal mercato interno, potrebbero anch’esse risentire di questi incrementi, con ripercussioni sulla spesa.
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