Dal gas al grano sono sempre grane: e la soluzione come al solito passa da Bruxelles

È l’effetto G: dal gas al grano. In fondo, sempre di problemi si tratta. Perché, guarda caso, ci sono di mezzo la Russia, l’Ucraina, l’Europa e la parola crisi. La preoccupazione della gente, adesso, si sta spostando progressivamente: da come rinfrescarsi in quest’estate torrida dovendo limitare l’uso dei condizionatori – e da come riscaldarsi nell’inverno che verrà – a come scansare il rischio di dover razionare pasta, pane e affini dalla propria tavola. Per mancanza di materie prime. E di denaro.

Il minimo comune denominatore di gas e grano resta l’aumento dei prezzi: ‘supersonico’ e, spesso, figlio di speculazioni sulle quali le autorità dovrebbero vigilare. La tassa sugli extra profitti delle compagnie energetiche imposta dal governo di Mario Draghi per sostenere gli italiani con il dl Aiuti magari verrà riproposta per quelle industrie alimentari che stanno facendo lievitare sproporzionatamente i costi del cibo. Potrebbe essere una toppa, non sarà mai la soluzione del problema. La soluzione va trovata a Bruxelles, cioè a un livello superiore e internazionale. Una soluzione che, diversamente dal gas, non può essere di indipendenza dalla Russia ma di inclusione della stessa. Lavorano le diplomazie, intanto l’inflazione è alle stelle. Con calma, con calma…

Il grano è una grana. Non meno pelosa del gas. Bastano un po’ di numeri per capire la portata di ciò che rischia di accadere se la situazione non si sbloccherà. Dunque: il 25% della produzione mondiale è a rischio; in Ucraina – considerato il granaio d’Europa –  circa il 30% dei campi resterà incolto; insieme Ucraina e Russia hanno il controllo del 30% degli scambi; il prezzo del grano è salito da gennaio a oggi del 30%; a fine anno il 20% di persone in più al mondo non avrà cibo a sufficienza con un particolare coinvolgimento dell’Africa. Numeri, dicevamo, che sono eloquenti. Ora la priorità è liberare il grano, anzi ‘quel’ grano che è prigioniero nei silos a Odessa, ma non solo. Lo sblocco dei porti deve viaggiare di pari passo con la ricerca di rotte alternative, via treno, quelle ad esempio di Moldavia e di Polonia.

Pare che sul grano Vladimir Putin sia peno intransigente che sul gas, Insomma, un’apertura al dialogo per evitare che alle tensioni energetiche si sommino le tensioni alimentari. L’inquilino del Cremlino forse deve aver valutato che il popolo del mondo può resistere al caldo e al freddo ma non può farcela se non mangia. E la fame porta a reazioni incontrollate. Tipo il ‘cacerolazo’ messo in piedi a Roma dall’associazione dei consumatori: picchiare sulle casseruole per attirare l’attenzione, come nell’Argentina disgraziata di 21 anni fa…

Vittorio Oreggia

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