Combustibili fossili, ma soprattutto legna, tanta, troppa legna da ardere che fa male a salute, ambiente e clima. I Paesi in via di sviluppo, su tutti quelli africani, hanno ancora tanta strada da fare in termini di energia sostenibile e l’Unione europea dovrà dare una mano. Un monito e una richiesta messe nere su bianco nella relazione per la cooperazione allo sviluppo dell’Ue a sostegno dell’accesso all’energia nei paesi in via di sviluppo, che l’Aula del Parlamento europeo, da calendario, discuterà il 17 gennaio in occasione della prima sessione plenaria del nuovo anno. Un testo con cui l’eurocamera intende vincolare gli Stati membri e la Commissione con impegni mirati e chiari.
“Il mondo continua ad avanzare verso obiettivi energetici sostenibili, ma non abbastanza velocemente”, la premessa. Se non si imprime un cambio di passo, “al ritmo attuale entro il 2030 circa 660 milioni di persone non avranno ancora accesso all’elettricità e quasi 2 miliardi di persone faranno ancora affidamento su combustibili e tecnologie inquinanti per cucinare” sempre da qui al 2030. Solo nel continente africano, alla fine del 2022, si contavano 970 milioni di persone senza accesso ad una cucina “pulita”, alimentata cioè da fonti energetiche a ridotto impatto climatico-ambientale. Praticamente due persone su tre, vale a dire il 64% degli africani, “fa affidamento prevalentemente sul legno raccolto insieme ai rifiuti agricoli e animali come combustibile per cucinare”. Tutto questo “ha enormi conseguenze sociali e ambientali: salute, deforestazione, cambiamento climatico”.
Da qui l’invito per un’Unione europea che faccia di tutto per “promuovere l’accesso alle energie rinnovabili nei paesi in via di sviluppo attraverso il sostegno politico, normativo e amministrativo, compreso lo sviluppo di capacità e i trasferimenti di tecnologia”. In tal senso vengono incoraggiati partenariati che “allontanano dallo sfruttamento delle risorse fossili e si concentrano sull’uso dell’energia pulita”. Inoltre viene posta “la necessità di garantire che gli investimenti verdi contribuiscano allo sviluppo socioeconomico e a una maggiore partecipazione dei paesi in via di sviluppo al nuovo panorama geopolitico a zero emissioni di energia netta”.
In questo sforzo e in questo contesto di partenariati virtuosi e sostenibili, continua il testo, “l’Ue e i suoi Stati membri” devono adoperarsi per “ fare dell’elettrificazione una priorità”. Questo non solo per ragioni legate alle emissioni di CO2, ma pure per “l’impatto devastante della mancanza di accesso all’elettricità sui bisogni primari delle popolazioni”. Le emissioni domestiche da legna da ardere, si sottolinea, sono fonte di malattie respiratorie e cardiovascolari, degrado delle foreste, emissioni di gas a effetto serra e la perdita di biodiversità. Per questo si chiede che l’Ue lavori affinché “integri l’accesso alla cucina pulita come priorità nei suoi partenariati energetici e nei suoi programmi indicativi pluriennali con i paesi in via di sviluppo e nella programmazione della cooperazione a livello locale, regionale e nazionale”.
Non sarà un esercizio semplice, perché tutto questo implica uno sforzo, per l’Ue, di natura economica. Tra il 2014 e il 2020 l’insieme dei Ventisette ha fornito assistenza all’Africa per lo sviluppo sostenibile per 13,8 miliardi di euro complessivi, importo che “non è ancora sufficiente e che occorre compiere maggiori sforzi”. Ma dovranno anche cambiare le strategie visto che “il 53% degli esborsi è avvenuto sotto forma di prestiti”, il che si traduce in “debito aggiuntivo che riduce la capacità di questi paesi di investire negli obiettivi di sviluppo sostenibile”.
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