Poco dopo le quattro del mattino, i negoziatori di Parlamento e Consiglio Ue hanno raggiunto a Strasburgo un accordo sulla riforma del mercato elettrico dell’Ue, proposta dalla Commissione europea lo scorso 14 marzo, dopo un’intensa crisi energetica che ha messo alla prova i governi europei fortemente dipendenti dal gas russo. L’elemento centrale della riforma è l’introduzione di strumenti di finanziamento per le energie rinnovabili e a zero emissioni di carbonio, compreso il nucleare, rendendo i prezzi dell’elettricità meno dipendenti dalla volatilità dei prezzi dei combustibili fossili. L’intesa conferma il sostegno pubblico diretto alla produzione di energia elettrica rinnovabile (eolica, solare, idroelettrica senza serbatorio, geotermica) e nucleare attraverso un contratto per differenza a due vie, in cui ai produttori viene pagato un “prezzo di esercizio” fisso per la loro elettricità, indipendentemente dal prezzo nei mercati dell’energia a breve termine. Con i contratti per differenza si intendono promuovere gli investimenti in soli nuovi impianti di energia elettrica, ma gli Stati membri possono sostenere i sistemi esistenti con i contratti per differenza se sono soggetti a ripotenziamento, estensione della vita utile o espansione della capacità (e questo vale anche per le centrali nucleari)
Quanto ai meccanismi di capacità, ovvero gli strumenti di incentivi alla generazione a disposizione degli Stati membri per contrastare potenziali carenze di elettricità, l’accordo prevede che gli Stati membri possano sostenere finanziariamente le strutture per la fornitura di capacità. L’idea è quella di trasformarli da una soluzione di emergenza a una componente strutturale dell’approvvigionamento energetico dell’Ue. Su pressione del Consiglio e in particolare della Polonia, è stata conservata l’eccezione per cui fino alla fine del 2028 è possibile finanziare le centrali elettriche a carbone o a gas già in funzione che emettono emissioni superiori allo standard di emissione (più di 550 g di CO2 per KWh). Come previsto anche nella proposta della Commissione, i consumatori avranno la libera scelta di stipulare contratti a prezzo fisso (durata minima di un anno) e contratti a prezzo flessibile. Saranno vietati gli aumenti unilaterali di prezzo nei contratti a tempo determinato a prezzo fisso e viene conservato anche il divieto di interruzione della corrente per le persone colpite dalla povertà energetica.
I colegislatori hanno affidato al Consiglio il potere di dichiarare una crisi dei prezzi, sulla base di una proposta della Commissione. Una crisi energetica, secondo l’accordo, si definisce in base al prezzo medio dell’elettricità all’ingrosso o a un forte aumento dei prezzi al dettaglio dell’elettricità. Se dichiarata, i prezzi possono essere fissati fino al 70% del consumo di elettricità per le piccole e medie imprese e fino all’80% per le famiglie. A quanto apprende GEA, l’accordo ha conservato inoltre l’idea della transizione dal basso: ovvero, i consumatori possono stipulare ulteriori accordi di condivisione dell’energia e quindi condividere l’elettricità con altre persone. L’elettricità e la capacità di stoccaggio possono essere offerte e vendute tramite piattaforme di condivisione dell’energia. L’accordo politico dovrà essere formalmente approvato da entrambe le istituzioni, separatamente, prima di entrare in vigore.
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