“Non riapriremo le centrali a carbone chiuse“. Più volte negli ultimi mesi lo ha assicurato il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, confermando il target del 2025 per l’azzeramento della produzione di energia da carbone in Italia. Ma, con la riduzione delle forniture di gas dalla Russia, le centrali a carbone sono tornate improvvisamente “di moda“, necessarie per sopperire momentaneamente alla chiusura dei rubinetti da parte di Mosca. Una strada già tracciata dal premier Mario Draghi subito dopo l’invasione dell’Ucraina e che si è tramutata in un atto concreto del governo con il decreto che ha dato la possibilità di massimizzare la produzione di quattro impianti: Brindisi, Civitavecchia, Fusina e Monfalcone.
Le centrali a carbone ancora attive nel nostro paese sono in tutto sei, secondo la mappa fornita da Assocarboni: Centrale di Fiume Santo (Sassari) di proprietà di EP Produzione, composta da 2 unità con potenza elettrica lorda complessiva di 640 MW; Centrale di Monfalcone (Gorizia), di proprietà di A2A, composta da 2 unità con potenza elettrica rispettivamente di 165 e 171 MW; Centrale di Torrevaldaliga Nord (Roma) di proprietà di Enel, composta da 3 unità ciascuna con potenza elettrica lorda di 660 MW; Centrale di Brindisi Sud di proprietà di Enel, composta da 3 unità ciascuna con potenza elettrica lorda di 660 MW; Centrale di Fusina (Venezia) di proprietà di Enel, composta da 2 unità ciascuna con potenza elettrica lorda di 330 MW; Centrale di Portoscuso (Sulcis) di proprietà di Enel, composta da 2 unità con potenza elettrica lorda rispettivamente di 280 MW e 210 MW
Ha invece chiuso i battenti alla fine dello scorso anno il gruppo a carbone della centrale Enel di La Spezia (con una capacità di 682 MW), per il quale l’Autorizzazione Integrata Ambientale è scaduta al 31 dicembre 2021. Un impianto che dunque non dovrebbe venire riacceso: Enel vorrebbe sostituirlo con uno a turbogas.
Nel 2021 la produzione di energia elettrica da carbone in Italia si è attestata a circa 14 TWh che rappresentano il 4,3% del fabbisogno elettrico italiano e il 4,9% della produzione netta di energia. In numeri assoluti l’utilizzo del carbone è aumentato rispetto al 2020, quando si era fermato a 12,9 TWh. C’è però da considerare l’impatto della pandemia, con la riduzione della domanda di energia: il peso del carbone era sostanzialmente invariato rispetto al 2021 (4,3% del fabbisogno e 4,7% della produzione). Evidente invece il calo rispetto al 209, concluso con 17,6 TWh, pari al 5,5% circa del fabbisogno elettrico italiano e al 6,2% della produzione totale netta.
Un’inversione di tendenza però si è già vista nel primo trimestre di quest’anno. L’Analisi trimestrale del sistema energetico italiano redatta dall’Enea evidenzia il “forte aumento dei consumi di carbone (+0,4 Mtep, pari a +25%), tornati nella generazione elettrica quasi ai livelli pre-covid”. Nelle stesso periodo Enel, come riportato nel proprio bollettino trimestrale, ha raggiunto i 4.321 GWh di elettricità prodotta da carbone, praticamente il doppio dei 2.164 GWh di gennaio-marzo 2021. Una tendenza legata in parte al contesto internazionale e in parte alla necessità di compensare minor utilizzo degli impianti idroelettrici a causa della scarsità di precipitazioni: l’energia ricavata dall’acqua è scesa da 4.233 a 2.506 GWh.
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