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Case green, primo via libera del Parlamento Europeo

Nuovi edifici a emissioni zero dal 2028, obblighi di impianti solari sui nuovi tetti entro il 2028, mentre gli edifici residenziali in fase di ristrutturazione avranno tempo fino al 2032 per conformarsi ai nuovi target di efficienza energetica. Primo via libera al Parlamento europeo alla revisione della divisiva Direttiva sul rendimento energetico nell’edilizia (la cosiddetta Epbd–‘Energy Performance of Building Directive’), che in Italia ha attirato diverse polemiche. Il disco verde è arrivato giovedì mattina, senza grandi sorprese, dalla commissione per l’Industria, la ricerca e l’energia (Itre) che ha adottato la relazione sulla proposta di revisione a prima firma dell’eurodeputato dei Verdi, Ciaran Cuffe, con 49 voti favorevoli, 18 contrari e 6 astensioni. Se confermata al voto dell’intera plenaria nella sessione di marzo, la relazione sarà la posizione dell’Europarlamento sulla revisione della direttiva per poter avviare i negoziati con gli Stati membri che hanno già adottato la loro posizione a ottobre.

La relazione è stata approvata in Itre dopo un accordo di compromesso raggiunto nelle scorse settimane dai principali gruppi all’Europarlamento – Partito popolare europeo, Socialisti&Demoratici, Renew Europe, Verdi Ue -, che ha spianato la strada al via libera in commissione. L’accordo prevede da una parte il rafforzamento dei target di efficienza rispetto alla proposta originaria della Commissione europea avanzata a dicembre 2021, ma garantisce più flessibilità agli Stati membri per raggiungerli attraverso i piani nazionali.

Sugli obiettivi di efficientamento, le case dovrebbero raggiungere almeno la classe di prestazione energetica ‘E’ entro il 2030 e ‘D’ entro il 2033 (la Commissione Ue proponeva di raggiungere la classe “F” entro il primo gennaio 2030 e la classe “E” entro il primo gennaio 2033). Gli edifici non residenziali e pubblici dovrebbero raggiungere le stesse classi rispettivamente entro il 2027 e il 2030 (la Commissione ha proposto ‘F’ ed ‘E’). Il testo adottato prevede che tutti i nuovi edifici siano a emissioni zero dal 2028 (la Commissione proponeva il 2030), mentre tutti i nuovi edifici dovranno disporre di impianti solari entro il 2028.

Gli eurodeputati insistono sul fatto che siano gli Stati membri, attraverso i loro piani nazionali di ristrutturazione, a definire le misure da introdurre per raggiungere questi obiettivi. Confermate una serie di deroghe (sempre da stabilire a livello nazionale) con la possibilità di escludere gli edifici protetti per il loro particolare valore architettonico o storico, gli edifici tecnici, l’uso temporaneo di edifici o chiese e luoghi di culto. Gli Stati membri possono anche esentare gli alloggi pubblici sociali. Nei piani nazionali di ristrutturazione gli Stati dovranno includere regimi di sostegno con obiettivi realistici e misure per facilitare l’accesso a sovvenzioni e finanziamenti, oltre che istituire punti di informazione gratuiti e programmi di ristrutturazione a costo zero. Compromesso raggiunto inoltre sull’eliminazione dei combustibili fossili negli edifici entro il 2035 o, se concordato dalla Commissione, entro il 2040 al più tardi.

L’idea è quella di avviare il negoziato con il Consiglio (che ha adottato lo scorso 25 ottobre la sua posizione negoziale) e trovare un accordo politico entro la fine del semestre svedese alla guida dell’Ue, che terminerà il 30 giugno. Avanzata dalla Commissione europea il 15 dicembre 2021, la proposta di direttiva ha sollevato in Italia un’aspra polemica prima di essere pubblicata, soprattutto per quanto riguarda la parte relativa ai finanziamenti. Secondo le stime, basate sulla proposta della Commissione Ue, che difficilmente rimarrà uguale dopo il negoziato con il Parlamento europeo e gli Stati membri, per l’Italia potrebbe significare dover ristrutturare al massimo tra 3,1 e i 3,7 milioni di edifici residenziali entro il 2033, degli oltre 12 milioni totali.

Chiara Troiano

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