L’Europa esulta, l’Italia invece no e anzi lascia la riunione del consiglio Ecofin con dubbi e perplessità. La direttiva sulla prestazione energetica in edilizia, più nota come direttiva sulle ‘case green’, è legge. I ministri dell’Economia e delle Finanze dei Ventisette riuniti a Lussemburgo garantiscono l’ultimo via libera, quello formale ma pur richiesto per un testo già oggetto di accordo inter-istituzionale e che il Parlamento Ue aveva già chiuso il mese scorso.
Cosa cambierà lo dice il testo, ormai noto. Con le nuove regole dal 2030 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero. Per gli edifici residenziali i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035. Ancora, in base alla nuova direttiva, gli Stati membri dovranno inoltre ristrutturare il 16% degli edifici non residenziali con le peggiori prestazioni entro il 2030 e il 26% entro il 2033, introducendo requisiti minimi di prestazione energetica. Prevista l’eliminazione graduale delle caldaie tradizionali, da eliminare completamente entro il 2040. E poi pannelli solari da installare dove possibile, quanto più possibile. Il tutto fatti salvi edifici agricoli, edifici storici e luoghi di culto.
Tanto lavoro da fare, per una direttiva che non convince il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. “Abbiamo votato contro la direttiva ‘case green’”, dice al termine dei lavori. “La posizione italiana è nota. Il tema è: chi paga?” Il ragionamento del titolare del Tesoro è di nautare contabile. Una simile ‘rivoluzione del mattone’ ha dei costi, che rischiano di essere scaricati sulle famiglie per l’impossibilità, causa alto debito, e l’impraticabilità, causa ‘furbetti’, di incentivi pubblici. “Abbiamo esperienze in Italia dove pochi fortunelli hanno rifatto casa grazie ai soldi che ci ha messo lo Stato, e quindi tutti gli altri italiani. E’ un’esperienza che potrebbe insegnare qualcosa”.
Croazia, Repubblica ceca, Polonia, Slovacchia e Svezia si astengono, e dunque il dato politico, al netto di spiegazioni di voto, è che a dire ‘no’ alla direttiva alla fine sono soltanto Italia e Ungheria. Un’insolita alleanza che non produce nulla, se non le critiche di rito. “Su un dossier chiave per il futuro dei cittadini e dell’Europa, il governo di Giorgia Meloni si accoda a Orban e viene completamente isolata in Ue”, attacca la capo-delegazione del Movimento 5 Stelle, Tiziana Beghin. Giorgetti tiene il punto: “All’inizio le posizioni italiane sembrano isolate o fuori luogo, ma alla fine sono più realistiche di altri approcci”.
La Commissione europea esulta. Un altro file dell’attuale collegio viene approvato. “ Questa direttiva riveduta rappresenta un vantaggio per i cittadini”, sostiene il commissario per il Green Deal, Maros Sefcovic. “Il miglioramento della prestazione energetica degli edifici si tradurrà sia in una riduzione delle bollette energetiche che in una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra”. Italia ed Europa hanno visioni diverse, ma intanto la direttiva ‘case green’ è legge e tra due anni bisognerà essere in regola.
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