Lo schema del disegno di legge delega sull’energia nucleare è pronto. Appena gli uffici giuridici di Palazzo Chigi avranno fatto le valutazioni, approderà in Consiglio dei ministri: “Ci vorranno almeno dieci giorni, comunque entro un mese”, spiega Gilberto Pichetto ai cronisti nei corridoi della Camera.
Quattro articoli che creano un quadro giuridico perché il governo chiamato a decidere, quando la tecnologia sarà pronta, possa scegliere lo strumento. Che sia la fissione di nuova generazione o, ancora meglio, la fusione. “Naturalmente l’Eldorado è la fusione. Se è vero, come molti affermano che la fusione arriverà prestissimo, ci sono delle opinioni della fusione nucleare prima del 2040, probabilmente arriva prima della fissione”, prevede il ministro.
Il dibattito sulle possibili opzioni resta aperto, il governo vuole garantirsi intanto un margine d’azione ampio. Saranno i decreti attuativi, che dovranno essere adottati entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge delega, secondo quanto viene specificato nel testo, a dettagliare la strada da intraprendere, tra quelle offerte dalle sperimentazioni in corso. A coordinare l’intera materia sarà l’Autorità per la sicurezza nucleare che assorbirà le funzioni dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione.
Sui piccoli reattori modulari, che realisticamente sono lo strumento che si adotterà per primo, servirà un coordinamento con l’Europa perché “il licensing incide molto sui costi di un reattore”, spiega Pichetto in un’intervista al Sole24Ore. Un’eventuale standardizzazione delle prime fasi del percorso abilitativo rappresenterebbe quindi un traguardo per tutti gli Stati membri impegnati nella partita. Nella bozza della delega si accenna infatti alla previsione di regimi amministrativi specifici per il riconoscimento di titoli abilitativi già rilasciati dalle autorità competenti di uno Stato membro dell’Agenzia per l’energia nucleare, dell’Ocse o di uno Stato con cui stati stipulati accordi bilaterali di cooperazione in questo settore.
Con la misura si contempla la disattivazione e lo smantellamento degli impianti esistenti, la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, la ricerca, lo sviluppo e l’utilizzo dell’energia da fusione e, appunto, la riorganizzazione delle competenze e delle funzioni in materia, anche mediante riordino e modificazioni della normativa vigente. Quanto ai costi, il testo precisa che i decreti legislativi sono adottati senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ma si fa accenno a possibili incentivi, almeno nella fase di spinta iniziale al mercato.
La misura si inserisce nel quadro delle politiche europee per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2050 e della necessità di raggiungere la sicurezza e l’indipendenza energetica del Paese, contenendo i costi dei consumi. Avanti sulla strada del net zero, ma, precisa la relazione al Ddl, “affinché la produzione di energia possa ritenersi effettivamente sostenibile è essenziale il bilanciamento delle componenti economica, sociale ed ambientale della sostenibilità: una tecnologia energetica realmente sostenibile deve soddisfare pienamente la domanda industriale e sociale mediante la fornitura di energia a prezzi accessibili, tutelando il più possibile l’ambiente”.
La tempistica per i decreti attuativi è “grave” secondo il leader di Azione Carlo Calenda, che la definisce una “presa in giro”: “E’ rimandato tutto di due anni, alla fine della legislatura“, osserva, ricordando che nella proposta di Azione si prevedevano solo sei mesi di tempo per i decreti legislativi. Di “punto di svolta” parla invece il deputato e responsabile del Dipartimento energia di Forza Italia, Luca Squeri. La presentazione del ddl delega è, ribadisce, “un’evoluzione decisiva del nostro cammino verso l’adozione di un’importantissima tecnologia energetica”. Assolutamente contrario il leader di AVS Angelo Bonelli, che teme soprattutto i costi: “Il nucleare da fissione costa 170 euro a megawattora. Volete ancora mettere le mani nelle tasche degli italiani?”, chiede. Per abbassare i costi dell’energia, l’unica strada per i verdi è “puntare sulle rinnovabili, sulle comunità energetiche e costruire politiche sociali dal punto di vista energetico”. Discute sui tempi invece Chiara Appendino, vicepresidente del Movimento 5 Stelle: “Con che coraggio sulla pelle di imprenditori in difficoltà promettete un nucleare che forse ci sarà tra vent’anni?”, domanda, ribadendo che il tempo per intervenire sul caro energia è ora. “Non si può dire che la soluzione dell’energia sia quella del nucleare, una discussione ordinata in Parlamento si può fare, ma non si può continuare a dire che sia la risposta. Il nucleare non riguarda l’oggi – fa eco il deputato del Pd Vinicio Peluffo -, noi dobbiamo dare una risposta ai costi delle bollette oggi“.
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