Tra i bilaterali più o meno formali, le cene, i faccia a faccia a margine del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre, i leader a Bruxelles non trovano una quadra sul Patto di stabilità. Il tema non era sul tavolo del vertice, ma sarà al centro del prossimo Ecofin. E scotta.
Le posizioni sono ancora “abbastanza distanti”, ammette Giorgia Meloni, che però non si arrende, c’è da lavoraci “ora per ora”, scandisce, e confida: “Non penso sia impossibile trovare un accordo, penso si possa e si debba trovare”.
Certo, da remoto diventa difficile, fa presente il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Il prossimo consiglio Economia e Finanza, infatti, è previsto per il 20 dicembre in videocollegamento: “Le negoziazioni sono andate avanti, vanno avanti da mesi ma le possibilità che si arrivi ad un accordo la settimana prossima sono scarse”, prevede, intervenendo dal palco di Atreju. Nulla contro le videoconferenze, chiosa, ma “che io vada a chiudere un accordo che condizionerà l’Italia per i prossimi 20 anni in videoconferenza… anche no, grazie. Forse un Ecofin in presenza e di persona potrebbe essere più opportuno”.
Concorda Meloni, interpellata sul punto da Bruxelles: “Probabilmente sarebbe meglio, forse più facile“, conferma. “Quello che ho imparato delle trattative da queste parti è che le interlocuzioni a margine sono molto più utili di quello che poi si dice formalmente nel confronto. Per cui, se si toglie questa possibilità, probabilmente diventa più difficile”, spiega.
Nessun collegamento tra Patto di Stabilità e ratifica del Mes, giura: “Dire che questo link lo vedo solo nel dibattito italiano. Sicuramente per noi farebbe la differenza saperlo, perché fa la differenza sapere quale sia il patto del quale disponiamo, ma non c’è questa dimensione del ‘ricatto’. Non l’ho vista, nessuno ha mai posto la questione così”
Il punto, ripete, è che Roma non darà il suo Ok a un patto che “nessuno potrebbe rispettare”: “Sarebbe ingiusto”, si giustifica la premier. Lavora a ottenere un patto che offra le condizioni di fare “seriamente il nostro lavoro”. Una modifica cioè, che non sia un ricevere soldi da sprecare, ma che consenta al Paese di “fare quello che l’Europa ci ha chiesto di fare senza essere per questo colpiti“, cioè le transizioni ecologica e digitale. Sul ‘trilaterale’ con Macron e Scholz, nessun ricamo: “Ho avuto un bilaterale con Macron, poi Scholz che era al tavolo accanto si è fermato, ma non c’erano particolari dossier“. Con il presidente francese, racconta, ha affrontato il tema del Patto di stabilità come di “tutti gli altri dossier su cui pensiamo si possa costruire una convergenza” e sul Patto, assicura, “ci sono diversi punti di convergenza”.
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