GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI, ANTONIO TAJANI MINISTRO AFFARI ESTERI
Giorgia Meloni si prepara al Consiglio europeo del 20 e 21 marzo tentando di spostare l’asse Roma-Washington su Bruxelles. Non sarà una missione semplice, quella di tentare di convincere i partner europei che allontanarsi dagli Stati Uniti è “ingenuo” e “folle”. Il momento è “complesso” per le dinamiche globali e “decisivo” per il futuro dell’Europa e dell’Occidente, spiega la premier nelle comunicazioni in Parlamento. Non è immaginabile, insiste, pensare che l’Unione europea possa fare da sola senza la Nato, “fuori da quella cornice euro-atlantica che per 75 anni ha garantito la sicurezza del Continente e che in questi ultimi tre anni ha consentito all’Ucraina di resistere”.
E’ per questo che ai dazi imposti da Donald Trump non proporrà di rispondere con altri dazi. “Non credo che sarebbe un buon affare”, scandisce la presidente del Consiglio. Le energie dell’Italia saranno spese “alla ricerca di soluzioni di buon senso” tra Stati Uniti e Europa, “dettate più dalla logica che dall’istinto, in un’ottica di reciproco rispetto e di convenienza economica”. Non è “saggio” per Meloni cadere nella tentazione delle “rappresaglie” che, avverte, “diventano un circolo vizioso nel quale tutti perdono”.
Quanto al piano sulla Difesa da 800 miliardi di Ursula von der Leyen, la premier mette in chiaro che non saranno risorse tolte da altri capitoli di spesa, né soldi aggiuntivi. L’Italia si è opposta alla possibilità che una quota dei fondi di coesione venisse automaticamente spostata sulla difesa: “È una battaglia che abbiamo vinto”, rivendica, ricordando che c’è la possibilità per gli stati membri di utilizzare volontariamente una quota dei fondi di coesione, ma non sarà il caso di Roma. “L’Italia non intende distogliere un solo euro dalle risorse della coesione. Spero che almeno su questo possiamo trovarci tutti d’accordo”, afferma. Si tratta dunque della possibilità di ricorrere a deficit aggiuntivo, rispetto a quanto normalmente previsto dal patto di stabilità. In questo quadro, l’Italia valuterà l’opportunità o meno di attivare gli strumenti previsti dal Piano.
“Lo dico perché possiamo vantare, in questa fase storica, degli indicatori economici e finanziari estremamente positivi, un patrimonio al quale non intendiamo rinunciare”, precisa Meloni. Lo stato di salute dei conti pubblici è “molto buono”, sostiene, facendo riferimento al basso livello dello spread, stabilmente almeno cento punti al di sotto del livello registrato al suo insediamento. “E’ la ragione per la quale io credo che sia nostro dovere proporre anche soluzioni alternative alla semplice creazione di nuovo debito“, spiega. Con le risorse del Piano, a ogni modo, non si dovrà poter soltanto acquistare armi, secondo la prima ministra. Rafforzare le capacità di difesa significa “occuparsi di molte più cose rispetto al semplice potenziamento degli arsenali”, scandisce, tantopiù in epoca di minacce ibride, quando la sicurezza è una materia molto vasta. Meloni pensa alla difesa dei confini, alla lotta al terrorismo, alla cybersicurezza. Ma anche a difendere il dominio sottomarino, presidiare i gasdotti e le altre infrastrutture energetiche, garantire la sicurezza delle rotte commerciali e delle catene di approvvigionamento alimentari, presidiare il dominio spaziale. “Tutte cose che non si fanno semplicemente con le armi”, ricorda. E senza questo approccio a 360 gradi “non c’è difesa, senza difesa non c’è sicurezza e senza sicurezza non c’è libertà, perché senza sicurezza non possiamo proteggere l’Italia, le sue imprese e i suoi cittadini“. Il tempo non è facile, il quadro è in evoluzione e le certezze crollano. Ma, garantisce la premier, “con una visione chiara, un po’ di coraggio, concentrandosi solo sulle cose davvero importanti, e mantenendo come principale bussola di riferimento il suo interesse nazionale, l’Italia ha tutte le carte in regola per attraversare anche questa tempesta”
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