Urso scommette su Space economy: “Rivoluzione in atto, vale oltre 1.800 mld dollari”

L’Italia scommette forte sulla Space economy. Non è una novità, ma il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ribadisce il concetto più volte, rivendicando per il nostro Paese la lungimiranza di aver varato una legge che regolamenta l’attività dei privati, incentivando le piccole e medie imprese.

Sessant’anni fa l’Italia fu la terza nazione al mondo, dopo l’Unione sovietica e gli Stati Uniti, a lanciare un vettore nello Spazio. Oggi riaffermiamo e rinforziamo quel ruolo da protagonista”, dice Urso a margine della cerimonia di assegnazione del premio ‘Luigi Broglio’. Ricordando anche la cifra messa in campo per il settore: “Abbiamo destinato a questo comparto del futuro oltre 7,2 miliardi di euro da qui al 2026, tra progetti affidati all’Esa, risorse del Pnrr e fondi del bilancio nazionale. Perché l’Italia sa di poter essere protagonista in questa avventura spaziale che avrà grandi ricadute su green e blue economy, cioè sulla sostenibilità del nostro Pianeta”, binomio chiave anche per il Made in Italy.

Del resto, si tratta di un comparto, quello dell’economia spaziale, “che passerà dai 630 miliardi di dollari del 2023 agli oltre 1.800 miliardi nel 2035, con una crescita annuale media poco al di sotto del 10% – sottolinea Urso -. Un’evoluzione che sarà resa possibile dalla grande quantità di dati che arriveranno dai satelliti, permettendo di offrire servizi innovativi, trasformando tutti i settori economici”.

Per questi motivi il ministro non ha dubbi: “Siamo difronte a una nuova rivoluzione tecnologica”. Anche per quel che concerne l’osservazione della Terra, attività su cui il nostro Paese è protagonista nel mondo, assieme all’Europa. Tutto queste innovazioni, peraltro, “hanno democratizzato l’accesso allo Spazio, abbattendo le barriere economiche e aprendo a nuovi operatori, che non sono solo pubblici, ma sempre più privati”. Un “cambio radicale – lo definisce Urso – che ci sta facendo passare da un modello basato sulla domanda pubblica, dunque gli Stati attori nello Spazio, a uno focalizzato sulla ricerca scientifica, trainata da domanda privata di servizi, fino a giungere al turismo spaziale. Una rivoluzione già in atto, che dovevamo assolutamente normare”.

A proposito della legge italiana, c’è anche un altro punto finora non considerato a sufficienza, per le sue potenzialità. Perché in attesa che la nuova Commissione Ue muova i propri passi, il nostro Paese può utilizzare, “accanto ai progetti europei, a cui contribuiamo in maniera determinante, una propria, piccola costellazione satellitare nazionale”. La discussione al Comint è in corso, per “comprendere se abbiamo le potenzialità di farlo e ovviamente le risorse necessarie”, chiarisce il responsabile del Mimit.

Valentina Innocente

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