L’inflazione in America inizia timidamente a scendere. I prezzi dell’energia calano, quelli alimentari salgono di poco, così l’unica cosa che continua a spingere in alto il costo della vita sono le spese legate alla casa, affitti compresi. A dicembre, confermando le attese, il Consumer Price Index negli Usa è salito del 6,5% nei confronti dello stesso mese del 2021, mentre facendo meglio delle stime degli analisti il tasso di inflazione è sceso dello 0,1% rispetto a novembre dello scorso anno.
A salire, mese su mese, è invece il cosiddetto indice ‘Core’, quello che non contempla energia e alimentari: +0,3% (a novembre era +0,2%). A livello annuale il rialzo è del 5,7%. Numeri che segnalano un restringimento ulteriore della forbice tra inflazione complessiva e ‘Core’, segno appunto che i rincari sono sempre meno riscontrabili fra i beni e sempre più diffusi tra i cosiddetti servizi. Mese su mese i prezzi energetici sono complessivamente scesi del 4,5%, trainati dal crollo della benzina che è addirittura precipitata del 9,4%. Il cibo è cresciuto di 0,3%. Gli indici in aumento a dicembre includono invece gli alloggi, gli arredi per la casa, le assicurazioni automobilistiche, le attività ricreative e l’abbigliamento. Rimanendo in ambito immobiliare, l’indice degli affitti è aumentato dello 0,8% nel mese e quello degli alloggi fuori casa ha fatto un balzo dell’1,5 per cento.
Complessivamente “l’indice degli alloggi è stato il fattore dominante nell’aumento mensile” dell’inflazione ‘Core’, si legge dal comunicato dell’Us Bureau of Labor Statistics. Secondo Gurpreet Gill, Macro Strategist presso Global Fixed Income di Goldman Sachs a.m., “nel 2023 il rallentamento dell’inflazione statunitense sarà trainato soprattutto dai beni piuttosto che dal comparto dell’housing. I dati pubblicati oggi sono in linea con questa previsione, in quanto i prezzi dei beni, comprese le automobili, stanno continuando a muoversi verso livelli normali come già avvenuto di recente. Il settore dell’housing impiegherà più tempo a adeguarsi, considerato che i prezzi degli affitti esistenti si adattano a un ritmo lento. Tuttavia, la Fed monitora con attenzione la forte decelerazione dei canoni di locazione dei nuovi contratti, che si evince da altri indicatori”.
Proprio la Federal Reserve, in virtù di questa continua discesa dell’inflazione, dovrebbe rallentare la stretta monetaria, aumentando i tassi di interesse di solo lo 0,25% nelle prossime due riunioni. Questo almeno è il consensus dei principali operatori. Le Borse infatti, scommettendo su una banca centrale americana meno falco, sembrano aver imboccato un percorso rialzista, con l’indice Vix – termometro della volatilità e della paura – che alle 18 era in caduta di circa il 9%. In Europa invece la musica sembra diversa. Nel bollettino economico diffuso questa mattina, la Bce “ritiene che i tassi di interesse debbano ancora aumentare in misura significativa a un ritmo costante per raggiungere livelli sufficientemente restrittivi da assicurare un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2 per cento nel medio termine”, un termine previsto per il “2025”
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