Allarme ghiacciai italiani: in 50 anni hanno perso il 40% del volume

Nel 1965, nel catasto italiano erano censiti 1.397 ghiacciai, nel 2015 erano 900, in 50 anni abbiamo perso il 40% del loro volume. Lo denunciano i vertici di Fondazione Montagna Sicura, in audizione in commissione Ambiente del Senato: “Ogni anno perdiamo l’equivalente del centro di Aosta in ghiacciai”, avvertono.

Nei prossimi 30 anni, la temperatura attesa è in aumento di 1,5 gradi e può arrivare, nello scenario peggiore, fino a +4,5 gradi tra il 2070 e il 2100. “Si realizzeranno più eventi estremi, ondate di calore e riduzione dei giorni di gelo in alta montagna, con un aumento della frequenza e dell’intensità di precipitazioni intense”, mette in guardia Igor Rubbo, direttore generale dell’Arpa Valle d’Aosta, una Regione ricca di ghiacciai, importante sentinella di quello che sta avvenendo su scala globale sugli effetti dei cambiamenti climatici.

Con gli effetti dei cambiamenti climatici, si potrà avere una riserva idrica contenuta nella neve, con una riduzione del 20-50% e un anticipo della fase di fusione di circa un mese. L’altezza del manto si ridurrà del 25-35% (a 1.500-2.000 metri). La durata della neve al suolo nel 2050 si prevede sarà di -15/20 giorni a 2000 metri”, osserva Rubbo. Nei torrenti alpini si avrà molta più acqua in inverno e molta meno in estate. Si ridurrà il periodo in cui l’approvvigionamento idrico è utile anche per gli usi primari. Il rischio è di una “importante e consistente perdita di riserva idrica per i territori della pianura”. Per questo, dice rivolgendosi ai deputati, l’urgenza è pensare a delle norme per approcciare il problema di mantenere la riserva di acqua in quota.

Un’altra faccia del problema riguarda il settore idroelettrico: “Il rischio, senza voler essere pessimista, è di trovarsi di fronte a una tempesta perfetta. La risorsa idrica è fondamentale per l’approvvigionamento per la popolazione, abbiamo registrato condizioni nell’inverno estremamente critiche. Questa produzione rischia di incidere sulla produzione idroelettrica, introduce un ulteriore elemento di pressione sul sistema economico-sociale del Paese. Sono attesi impatti non positivi rispetto alla produzione di energia da acqua”, afferma il direttore dell’Arpa Valle d’Aosta.

Quanto alla Lombardia, anche i suoi tre ghiacciai più grandi, l’Adamello, il Fellaria-Palù e il Forni, “andranno a scomparire entro fine secolo se non vengono ridotte le emissioni e continua l’aumento incontrollato delle temperature”, mette in guardia Riccardo Scotti, consigliere del Servizio glaciologico lombardo. Dalla fine della Piccola Età glaciale del 1850, i ghiacciai lombardi hanno perso il 54% della superficie originaria, ha ricordato il glaciologo. Molto più recentemente, la lingua glaciale del Fellaria, dal giugno 2019 all’ottobre 2021, ha perso 18 metri.

Lo scioglimento dei ghiacciai alpini porterà a “una riduzione della disponibilità d’acqua per un quarto degli abitanti europei”, afferma Valter Maggi, presidente del Comitato glaciologico italiano. L’arco alpino, infatti, fornisce acqua ai quattro principali grandi bacini idrografici d’Europa, il Danubio, il Reno, il Rodano e il Po. “Un bacino come quello del Rodano che prende acqua dai ghiacciai delle montagne avrà una crisi profonda, con una perdita del 40% di forniture di acqua”, fa sapere.

Nadia Bisson

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